Poesie di Dante Alighieri

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Passo iniziale canto I Paradiso

La gloria di colui che tutto move
per l'universo penetra, e risplende
in una parte più e meno altrove.
Nel ciel che più de la sua luce prende
fu' io, e vidi cose che ridire
ne' sa ne' puo' chi di là su discende;
perceè appressando sè al suo disire,
nostro intelletto si profonda tanto,
che dietro la memoria non puo' ire.
Veramente quant' io del regno santo
ne la miamente poti far tesoro,
sara' ora materia del mio canto.

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Tanto gentile e tanto onesta pare

Tanto gentile e tant'onesta pare,
la donna mia quand'ella altrui saluta
ch'ogni lingua deven tremando muta
e l'occhi no l'ardiscon di guardare

Ella sì va sentendosi lodare
benignamente e d'umiltà vestututa
e par che sia una cosa venuta
da cielo in terra a miracol mostrare

mostrasi sì piacente a chi la mira
che dà per li occhi una dolcezza al core
che 'ntender nolla può chi nolla prova

E par che de la sue labbia si mova
un spirito soave pien d'amore
che và dicendo a l'anima: sospira.

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La dispietata mente

La dispietata mente, che pur mira
di retro al tempo che se n'è andato,
da l'un de' lati mi combatte il core;
e 'l disio amoroso, che mi tira
ver lo dolce paese c'ho lasciato,
d'altra part'è con la forza d'Amore;
né dentro i' sento tanto di valore,
che lungiamente i' possa far difesa,
gentil madonna, se da voi non vene:
però, se a voi convene
ad iscampo di lui mai fare impresa,
piacciavi di mandar vostra salute,
che sia conforto de la sua virtute.
Piacciavi, donna mia, non venir meno
a questo punto al cor che tanto v'ama,
poi sol da voi lo suo soccorso attende;
ché buon signor già non ristringe freno
per soccorrer lo servo quando 'l chiama,
ché non pur lui, ma suo onor difende.
E certo la sua doglia più m'incende,
quand'i' mi penso ben, donna, che vui
per man d'Amor là entro pinta sete:
così e voi dovete
vie maggiormente aver cura di lui;
ché Que' da cui convien che 'l ben s'appari,
per l'imagine sua ne tien più cari.
Se dir voleste, dolce mia speranza,
di dare indugio a quel ch'io vi domando,
sacciate che l'attender io non posso;
ch'i' sono al fine de la mia possanza.
E ciò conoscer voi dovete, quando
l'ultima speme a cercar mi son mosso;
ché tutti incarchi sostenere a dosso
de' l'uomo infin al peso ch'è mortale,
prima che 'l suo maggiore amico provi,
poi non sa qual lo trovi:
e s'elli avven che li risponda male,
cosa non è che costi tanto cara,
che morte n'ha più tosto e più amara.
E voi pur sete quella ch'io più amo,
e che far mi potete maggior dono,
e 'n cui la mia speranza più riposa;
che sol per voi servir la vita bramo,
e quelle cose che a voi onor sono
dimando e voglio: ogni altra m'è noiosa.
Dar mi potete ciò ch'altri non m'osa,
ché 'l sì e 'l no di me in vostra mano
ha posto Amore; ond'io grande mi tegno.
La fede ch'eo v'assegno
muove dal portamento vostro umano;
ché ciascun che vi mira, in veritate
di fuor conosce che dentro è

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Madonna, quel signor che voi portate

Madonna, quel signor che voi portate
ne gli occhi, tal che vince ogni possanza,
mi dona sicuranza
che voi sarete amica di pietate,
però che là dov'ei fa dimoranza,
ed ha in compagnia molta beltate,
tragge tutta bontate
a sé, come principio c'ha possanza;
ond'io conforto sempre mia speranza,
la qual è stata tanto combattuta,
che sarebbe perduta,
se non fosse che Amore
contro ogni avversità le dà valore
con la sua vista e con la rimembranza
del dolce loco e del soave fiore
che di novo colore
cerchiò la mente mia,
merzé di vostra grande cortesia.

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Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io

Guido, ì vorrei che tu e Lapo ed io
fossimo presi per incantamento,
e messi in un vasel ch'ad ogni vento
per mare andasse al voler vostro e mio.
Sì che fortuna od altro tempo rio
non ci potesse dare impedimento,
anzi, vivendo sempre in un talento,
di stare insieme crescesse 'l disio.
E monna Vanna e monna Lagia poi
con quella ch'è sul numer de le trenta
con noi ponesse il buono incantatore:
e quivi ragionar sempre d'amore,
e ciascuna di lor fosse contenta,
sì come ì credo che saremmo noi.

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