Questo mio bacio accogli sulla fronte!
E, da te ora separandomi,
lascia che io ti dica
che non sbagli se pensi
che furono un sogno i miei giorni;
e, tuttavia, se la speranza volò via
in una notte o in un giorno,
in una visione o in nient'altro,
è forse per questo meno svanita?
Tutto quello che vediamo, quel che sembriamo
non è che un sogno dentro un sogno.
Sto nel fragore
di un lido tormentato dalla risacca,
stringo in una mano
granelli di sabbia dorata.
Soltanto pochi! E pur come scivolano via,
per le mie dita, e ricadono sul mare!
Ed io piango - io piango!
O Dio! Non potrò trattenerli con una stretta più salda?
O Dio! Mai potrò salvarne
almeno uno, dall'onda spietata?
Tutto quel che vediamo, quel che sembriamo
non è che un sogno dentro un sogno?
Sul fiorire della mia giovinezza ebbi per sorte
Di visitare, per quanto grande è il mondo,
Un luogo che meno non avrei saputo amare,
Tanto cara mi fu la solitudine d'un lago
Silvestre, da nera roccia cinto
E d'alti pini torreggianti intorno.
Ma quando su quel luogo come ovunque,
La Notte distendeva il suo gran manto
Ed il mistico vento trascorreva
Nel sussurrare d'una melodia,
Allora, oh! sempre allora io mi destavo
Sgomento per quel lago solitario.
Quello sgomento però non era orrore
Ma un fremito leggero di piacere,
Un sentire che indurmi a definire, o insegnarmi
Non saprebbero miniere di gioielli
Neppur Amore, benché tuo fosse l'Amore.
La Morte era in quell'onda avvelenata
E nel suo gorgo una tomba preparata
Per chi di là trarre poteva
Conforto a un solitario immaginare
La cui anima mesta trasformare
Sapeva in Eden questo lago oscuro.
Sol si trova'il tuo respiro
tra oscur pensier di lapidi
e con nessun della folla che scruti
l'intima tua ora segreta.
Sii silente in tal eremo
che non e abbandono-poiche
gli spiriti dei morti che ebber
vita innanzi, ancor son
morte attorno e a lor voler
ombra sopra a te porranno-sii fermo.
La notte, pur chiara, esibira il suo cipiglio.
Non faranno le stelle le stelle piu veglia
Dall'alto dei tron della volta
con luce di speme dagli uomini si accolta.
I lor globi purpurei, privi di raggi,
a te, consunto, saranno miraggi
di febbre e di fuoce
che eterni ardean sul tuo loco.
I pensier tuoi non proibiranno,
ne le vision mai svaniranno;
Eterne, come rugiada sull'erba.
Fermo e il respiro e la brezza divina,
e la nebbia sulla collina.
In ombra, in ombra, intatta in suo regno
e un simbol, un segno.
Sugli alber sospesa, si mera:
Mister dei misteri!
O scienza! Vera figlia del passato
che scruti e muti il mondo col tuo sguardo!
Perché saccheggi il cuore del poeta,
rapace dalle ali di squallida realtà?
Dovrebbe amarti, lui? Stimarti saggia?
Tu non volevi lasciarlo vagare
in cerca di tesori nei cieli ingioiellati,
benché si alzasse in volo con audacia.
Non hai strappato Diana dal suo carro?
Cacciato l'Amadriade dal suo bosco
a rifugiarsi su astri più felici?
Non hai rubato tu l'acqua alla Naiade,
la verde erbetta all'Elfo, e infine a me
il sogno estivo sotto il tamarindo?
Or son molti e molti anni
che in un regno in riva al mare
viveva una fanciulla che col nome
chiamerete di Annabel Lee:
e viveva questa fanciulla con non altro pensiero
che d'amarmi e d'essere amata da me.
Io ero un bimbo e lei una bimba,
in questo regno in riva al mare;
ma ci amavamo d'un amore ch'era più che amore
io e la mia Annabel Lee
d'un amore che gli alati serafini in cielo
invidiavano a lei ed a me.
E fu per questo che -oh, molto tempo fa-
in questo regno in riva al mare
un vento soffiò da una nube, raggelando
la mia bella Annabel Lee;
così che vennero i suoi nobili parenti
e la portarono da me lontano
per rinchiuderla in un sepolcro
in questo regno in riva al mare.
Gli angeli, non così felici in cielo come noi,
a lei e a me portarono invidia -
oh sì! E fu per questo (e tutti ben lo sanno
in questo regno in riva al mare)
che quel vento irruppe una notte dalla nube
raggelando e uccidendo la mia bella Annabel Lee.
Ma molto era più forte il nostro amore
che l'amor d'altri di noi più grandi-
che l'amor d'altri di noi più savi-
e né gli angeli lassù nel cielo
né i demoni dentro il profondo mare
mai potran separare la mia anima dall'anima
della bella Annabel Lee:
giacché mai raggia la luna che non mi porti sogni
della bella Annabel Lee;
e mai stella si leva ch'io non senta i fulgenti occhi della bella ANNABEL LEE:
e così, nelle notti, al fianco io giaccio
del mio amore - mio amore - mia vita e mia sposa,
nel suo sepolcro lì in riva al mare,
nella sua tomba in riva al risonante mare.
Edgar Allan Poe e' stato poeta e scrittore, considerato l'inventore del genere 'giallo' per racconti come 'I delitti della Rue Morgue' e dell'orrore per 'Il gatto nero'. Orfano di madre e abbandonato dal padre viene cresciuto dalla famiglia Allan senza mai una legale adozione. Abbandona l'università a causa dei debiti contratti al gioco d'azzardo e si arruola a West Point anche se verrà cacciato a causa della sua mancanza di disciplina. Nel frattempo pubblica i suoi racconti grazie a dei concorsi letterari riuscendo a diventare nel 1835 vicedirettore di un famoso giornale di Richmond. Si sposa con la cugina Virginia, che morirà giovane pochi anni dopo il matrimonio. Poe perso nella disperazione si dà all'alcool. Nel 1849, anno della sua morte, Edgar Allan Poe ha già pubblicato con successo opere come 'Ligeia', 'Il pozzo e il pendolo' e la sua poesia più famosa 'Il corvo'.