Poesie di Guido Gozzano

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Le due strade

I.

Tra bande verdigialle d'innumeri ginestre
la bella strada alpestre scendeva nella valle.

Ecco, nel lento oblio, rapidamente in vista
apparve una ciclista a sommo del pendio.

Ci venne incontro: scese. "Signora: Sono Grazia!"
sorrise nella grazia dell'abito scozzese.

"Tu? Grazia? la bambina?" - "Mi riconosce ancora?"
"Ma certo!" E la Signora baciò la Signorina.

La bimba Graziella! Diciott'anni? Di già?
La Mamma come sta? E ti sei fatta bella!

"La bimba Graziella: così cattiva e ingorda!..."
"Signora, si ricorda quelli anni?" - "E così bella

vai senza cavalieri in bicicletta?..." - "Vede..."
"Ci segui un tratto a piede?" - "Signora, volentieri..."

"Ah! ti presento, aspetta, l'Avvocato: un amico
caro di mio marito. Dagli la bicicletta..."

Sorrise e non rispose. Condussi nell'ascesa
la bicicletta accesa d'un gran mazzo di rose.

E la Signora scaltra e la bambina ardita
si mossero: la vita una allacciò dell'altra.

II.

Adolescente l'una nelle gonnelle corte,
eppur già donna: forte bella vivace bruna

e balda nel solino dritto, nella cravatta,
la gran chioma disfatta nel tocco da fantino.

Ed io godevo, senza parlare, con l'aroma
degli abeti l'aroma di quell'adolescenza.

- O via della salute, o vergine apparita,
o via tutta fiorita di gioie non mietute,

forse la buona via saresti al mio passaggio,
un dolce beveraggio alla malinconia!

O bimba nelle palme tu chiudi la mia sorte;
discendere alla Morte come per rive calme,

discendere al Niente pel mio sentiere umano,
ma avere te per mano, o dolcesorridente!

Così dicevo senza parola. E l'altra intanto
vedevo: triste accanto a quell'adolescenza!

Da troppo tempo bella, non più bella tra poco
colei che vide al gioco la bimba Graziella.

Belli i belli occhi strani della bellezza ancora
d'un fiore che disfiora, e non avrà domani.

Sotto l'aperto cielo, presso l'adolescente
come terribilmente m'apparve l

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Pioggia d'agosto

Nel mio giardino triste ulula il vento,
cade l'acquata a rade goccie, poscia
più precipite giù crepita scroscia
a fili interminabili d'argento...
Guardo la Terra abbeverata e sento
ad ora ad ora un fremito d'angoscia...

Soffro la pena di colui che sa
la sua tristezza vana e senza mete;
l'acqua tessuta dall'immensità
chiude il mio sogno come in una rete,
e non so quali voci esili inquete
sorgano dalla mia perplessità.

"La tua perplessità mediti l'ale
verso meta pi˘ vasta e pi˘ remota!
tempo che una fede alta ti scuota,
ti levi sopra te, nell'Ideale!
Guarda gli amici. Ognun palpita quale
demagogo, credente, patriota...

Guarda gli amici. Ognuno già ripose
la varia fede nelle varie scuole.
Tu non credi e sogghigni. Or quali cose
darai per meta all'anima che duole?
La Patria? Dio? l'Umanità? Parole
che i retori t'han fatto nauseose!...

Lotte brutali d'appetiti avversi
dove l'anima putre e non s'appaga...
Chiedi al responso dell'antica maga
la sola verità buona a sapersi;
la Natura! Poter chiudere in versi
i misteri che svela a chi l'indaga!"

Ah! La Natura non Ë sorda e muta;
se interrogo il lichene ed il macigno
essa parla del suo fine benigno...
Nata di sé medesima, assoluta,
unica verità non convenuta,
dinnanzi a lei s'arresta il mio sogghigno.

Essa conforta di speranze buone
la giovinezza mia squallida e sola;
e l'achenio del cardo che s'invola,
la selce, l'orbettino, il macaone,
sono tutti per me come personae,
hanno tutti per me qualche parola...

Il cuore che ascoltò, più non s'acqueta
in visioni pallide fugaci,
per altre fonti va, per altra meta...
O mia Musa dolcissima che taci
allo stridìo dei facili seguaci,
con altra voce tornerò poeta! -

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Ignorabimus

Certo un mistero altissimo e più forte
dei nostri umani sogni gemebondi
governa il ritmo d'infiniti mondi
gli enimmi della Vita e della Morte.

Ma ohimè, fratelli, giova che s'affondi
lo sguardo nella notte della sorte?
Volere un Dio? Irrompere alle porte
siccome prigionieri furibondi?

Amare giova! Sulle nostre teste
par che la falce sibilando avverta
d'una legge di pace e di perdono:

"Non fate agli altri ciò che non vorreste
fosse a voi fatto!". Nella notte incerta
ben questo è certo: che l'amarsi è buono!

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La più bella

Ma bella più di tutte l'Isola Non-Trovata:
quella che il Re di Spagna s'ebbe da suo cugino
il Re di Portogallo con firma suggellata
e bulla del Pontefice in gotico latino.

L'Infante fece vela pel regno favoloso
trovò le Fortunate: Iunonia, Gorgo, Hera
e il Mare di Sargasso e il Mare Tenebroso
quell'isola cercando... Ma l'isola non c'era.

Invano le galee panciute a vele tonde,
le caravelle invano armarono la prora:
con pace del Pontefice l'isola si nasconde,
e Portogallo e Spagna la cercano tuttora.

L'isola esiste. Appare talora di lontano
tra Teneriffe e Palma, soffusa di mistero:
"... l'Isola Non-Trovata!" il buon Canariano
dal Picco alto di Teyde l'addita al forestiero.

La segnano le carte antiche dei corsari.
... Hifola da-trovarfi? ... Hifola pellegrina?...
E l'isola fatata che scivola sui mari;
talora i naviganti la vedono vicina...

Radono con le prore quella beata riva:
tra fiori mai veduti svettano palme somme,
odora la divina foresta spessa e viva,
lagrima il cardamomo, trasudano le gomme...

S'annuncia col profumo come una cortigiana,
l'Isola Non-Trovata... Ma se il piloto avanza,
rapida si dilegua come parvenza vana,
si tinge dell'azzurro color di lontananza...

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Natale

La pecorina di gesso,
sulla collina in cartone,
chiede umilmente permesso
ai Magi in adorazione.
Splende come acquamarina
il lago, freddo e un po' tetro,
chiuso fra la borraccina,
verde illusione di vetro.
Lungi nel tempo, e vicino
nel sogno (pianto e mistero)
c'è accanto a Gesù Bambino,
un bue giallo, un ciuco nero.

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