Poesie di Patrizia Cavalli

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Questa esistenza breve addormentata

Questa esistenza breve addormentata
risvegliata da morti improvvise
fuochi di bengala,
la polvere intorno ai gambi delle sedie
la luce della casa
accesa all'improvviso.



Il mio mestiere

Che forse non è questo il mio mestiere?
Perdere tempo, questo è il mio mestiere,
e il bello è perdere quel che non si ha.
Ho perso tempo e certo non l'avevo
ma io perdendo prendo, anzi ricevo,
lusso supremo, la mia immortalità.
Altro non voglio infatti che essere immortale
qui in questa terra essere immortale, sospesa
in mezzo al tempo non più mio, esposta
e già finita, chiuso animale che certo
non risorge, giocando alle parole sono l'inizio.



Neanche mi ricordo come stavo

Neanche mi ricordo come stavo.
Il ricordo del male e del dolore
è un pensiero gelato,
lo sai che ti ha bruciato
ma vedi il fuoco e non c'è più il calore.



Se ora tu bussassi alla mia porta

Se ora tu bussassi alla mia porta
e ti togliessi gli occhiali
e io togliessi i miei che sono uguali
e poi tu entrassi dentro la mia bocca
senza temere baci disuguali
e mi dicessi: <<Amore mio,
ma che è successo?>>, sarebbe un pezzo
di teatro di successo.



Ma questo non è sonno

Ma questo non è sonno. Io dormo
Nove ore ma non dormo
Non mi accoglie il risveglio
Perché anche se dormo io veglio

La notte non mi stringe
E non mi chiude a letto,
anche se ho il corpo steso
non mi toglie al mio peso.
I miei non sono sogni
Ma sono spiegazioni
Pedanti e laboriose,
repliche scialbe e oziose
delle mie poche azioni.

E i suoni ampi e lontani
Non aprono il mattino
Diversità del fuori,
ma sono lo spavento
del giorno e dei rumori





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