O me donzel! Jo i nas
ta l'odòur che la ploja
a suspira tai pras
di erba viva... I nas
tal spieli da la roja.
In chel spieli Ciasarsa
-coma i pras di rosada-
di timp antic a trima
Là sot, jo i vif di dòul,
lontàn frut peciadòur,
ta un ridi scunfuartàt.
O me donzel, serena
la sera a tens la ombrena
tai vecius murs: tal sèil
la lus a imbarlumìs.
Sotto i pioppi una vecchina
si muove nell'ultima luce,
lontana dal paese,
a raccogliere sterpi.
Che Domenica tranquilla!
L'alba la vedrà,
piegata con quella fascina,
sul suo sperduto fuocherello:
ultimi giorni incantati
di un vivere sconosciuto.
Vanno verso le Terme di Caracalla
giovani amici, a cavalcioni
di Rumi o Ducati, con maschile
pudore e maschile impudicizia,
nelle pieghe calde dei calzoni
nascondendo indifferenti, o scoprendo,
il segreto delle loro erezioni...
Con la testa ondulata, il giovanile
colore dei maglioni, essi fendono
la notte, in un carosello
sconclusionato, invadono la notte,
splendidi padroni della notte...
Va verso le Terme di Caracalla,
eretto il busto, come sulle natie
chine appenniniche, fra tratturi
che sanno di bestia secolare e pie
ceneri di berberi paesi - già impuro
sotto il gaglioffo basco impolverato,
e le mani in saccoccia - il pastore
migrato
undicenne, e ora qui, malandrino e
giulivo
nel romano riso, caldo ancora
di salvia rossa, di fico e d'ulivo...
Va verso le Terme di Caracalla,
il vecchio padre di famiglia, disoccupato,
che il feroce Frascati ha ridotto
a una bestia cretina, a un beato,
con nello chassì i ferrivecchi
del suo corpo scassato, a pezzi,
rantolanti: i panni, un sacco,
che contiene una schiena un po' gobba,
due cosce certo piene di croste,
i calzonacci che gli svolazzano sotto
le saccocce della giacca pese
di lordi cartocci. La faccia
ride: sotto le ganasce, gli ossi
masticano parole, scrocchiando:
parla da solo, poi si ferma,
e arrotola il vecchio mozzicone,
carcassa dove tutta la giovinezza,
resta, in fiore, come un focaraccio
dentro una còfana o un catino:
non muore chi non è mai nato.
Vanno verso le Terme di Caracalla
Figlio, la gioventù ti vive in fondo al cuore
rossa e sola, come il sole che muore.
Figlio, in fondo al cuore ti vive un po' d'amore
rosso e abbandonato, come il sole che muore.
Figlio, in fondo al cuore, Roma ti vive sola
rossa e senza amore come il sole che muore.
Figlio, se tu dormi quel po' di rosso muore
e quando ti risvegli non vedi più il sole.
Figlio, anche il perdono di Dio è un po' di sole
che ti fa trasparente e rosso e presto muore.
Figlio! biondino al sole di San Pietro che muore
di gioventù e abbandono nella tua morte mora!
Giovinetta, cosa fai
sbiancata presso il fuoco,
come una pianticina
che sfuma nel tramonto?
"Io accendo vecchi sterpi,
e il fumo vola oscuro,
a dire che nel mio mondo
il vivere è sicuro".
Ma a quel fuoco che profuma
mi manca il respiro,
e vorrei essere il vento
che muore nel paese.