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Il fiore dell'egoismo

Ti ho colto piccolo fiore.  
Passavo per caso e ti ho visto sotto un cespuglio difeso dal vento, ti ho osservato lasciando che l'indecisione raffreddasse l'attimo ghiacciandolo, allungando una mano selvaggia e calcolatrice ho spezzato il tuo flebile stelo, facendolo mio.  
Ti ho messo sotto una campana di vetro piccolo fiore, ho cercato di difenderti dalle intemperie delle volubili stagioni e dall'animo sconvolto dell'essere umano, ti ho raccontato le mie giornate pensando di non farti appassire vedendo i tuoi petali cadere ora dopo ora.
Perdonami piccolo fiore, a volte non si riflette abbastanza e or non mi rimane altro che guardarti seccare, allungando nuovamente la mano verso un letto di ortiche.

E ti guardo da qui, dalla mia campana di vetro, mentre i miei petali sbiadiscono con il passare del tempo e cadono via.
Le tue parole mi carezzano l'anima e resto ad ascoltarti per ore, con te che innaffi d'amore la mia vita giorno dopo giorno, proteggendomi dal male del mondo. Ma non puoi proteggermi da me stesso e dalla fine che mi sta attendendo.  
Rimango in piedi per te, mio gentile angelo, per le tue dita sottili che accarezzano la mia non-vita che lentamente sopraggiunge portando con sè il mio antico colore.

Ormai la mano, quasi a volersi punire ha toccato foglie in un pizzicar di un pallido involucro d'anima.
Piccole bolle facenti capolino han iniziato ad arrossare la pelle passiva e sottomessa ad un ennesimo attacco di follia malcelata.
Il capo levato ad uno specchio che riflette un'immagine ormai deformata, tratti di privata umanità mostranti un fantasma imbellettato da un falso sorriso straziante. L'occhio vigile si sposta cercando un appiglio nascosto sotto quella campana di vetro, non un passo però vien mosso, forse attendendo il rintocco di una campana in lontananza che risuonando in un petto ormai vuoto produce un'eco lontano di ricordi sopiti e sepolti sotto una coltre di neve.

Se solo potessi parlare, e la mia corolla potesse muoversi verso il tuo corpo candido, allora capiresti, forse sapresti quello che provo per te. Mi chino appena tentando di non farti toccare dal letto di ortiche e le grida rimangono incatenate fra i rovi del mio corpo, io che non posso comunicare con te se non con il mio splendore.
E ora che appassisco e vedo la mia vecchiaia sul tuo volto?  
E ora che il mio corpo nudo a grinzoso si manifesta senza veli di fronte a te?
Troppo elaborati i miei pensieri, da semplice fiore qual sono, per poter competere con la tua anima che esplode ed implode ogni secondo nella mia mente e mi trasporta verso paradisi che posseggo per pochi istanti ogni volta.
E ora anche gli ultimi petali cadono, e mi sposto un po', per poter con questi accarezzare le gocce di sangue che hai lasciato sul letto di ortiche. Per privare i miei occhi di questa vista che mi arreca dolore, per poter godere del tuo profumo anche ora.

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1 recensioni:

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  • Anonimo il 10/11/2012 13:36
    delicata... sembra scritta da un uomo, poi la sorpresa finilae... un racconto davvero magico!!!

1 commenti:

  • augusta il 10/11/2012 16:24
    bellissimo il racconto... ogni parola è emozione...

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