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Sveglia, dottore: c’è un taglio cesareo da fare!

Il reparto al mondo che da più soddisfazioni ad un medico è sicuramente il reparto di ostetricia. Questo si vede, sempre, dal sorriso delle puerpere che cullano i loro bambini appoggiandoli ai loro seni gonfi di latte, dal loro viso rilassato e felice per l'esperienza più bella della vita che, seppur molto dolorosa, generalmente finisce con una soddisfazione immensa. Si vede chiaramente anche in Europa dai mazzi di fiori e dai nastri colorati all'ingresso delle stanze delle pazienti, o posti davanti alla madonnina in fondo al corridoio.
Anche in Africa, sebbene il numero di figli per donna sia elevato, da 4 a 5 secondo le statistiche dell’Unicef, ogni nascita ha le stesse caratteristiche di gran dolore e poi d’immensa gioia. Questa gioia e soddisfazione, notevolmente importanti nella vita della donna africana, vanno a colmare molte altre gravi sofferenze; una di queste è l’aspettativa di vita di questo bambino che ha mediamente il 70% di possibilità di arrivare a cinque anni di vita.
Tante gravidanze, tanti figli, ma anche tanti lutti. Quest'ultimo è uno dei pesanti drammi che la donna africana spesso vive sola perché o senza marito o perché lui è lontano. Al momento del parto però è sempre una gran festa: il padre è presente e con lui tutta la famiglia d’origine.
In Karamoja come del resto in gran parte dell'Africa, il numero dei parti in Ospedale è basso, tra il 10 e il 20%, perché la donna africana è convinta che il parto sia un fatto naturale, che deve avvenire tra le mura domestiche, in una capanna del villaggio, aiutata dalle donne anziane della tribù, come è sempre stato.
Se il parto si svolge nei villaggi, il controllo della gravidanza non è seguito dalle anziane del villaggio, perciò le donne karimojong colgono l'opportunità del servizio pubblico, aperto alle gravide, per visite ambulatoriali e vaccinazioni.
Nell’Ospedale di Matany ho lavorato in ostetricia sia negli ultimi anni '80 sia tra il '94 e l'inizio del '95. Nella veranda del reparto di maternità a Matany, due volte la settimana, si formava una lunga coda di donne gravide che erano pesate, visitate e controllate. Veniva controllato il battito fetale, la crescita della pancia (dell'utero), la pressione arteriosa e l’urina: tutto era eseguito dalle ostetriche.
Erano proprio poche quelle gravide che, dopo la visita delle ostetriche, venivano mandate da me per un successivo accertamento medico; generalmente erano quelle donne che necessitavano di un ricovero per una patologia della gravidanza o per un parto a rischio di taglio cesareo.
Anche mia moglie ha fatto la fila nella veranda ed è stata controllata dalle ostetriche di turno durante i primi sei mesi di gravidanza. Ero orgoglioso e convinto che quel servizio, sia negli Stati Uniti che in Europa, sarebbe stato, per lei, quasi uguale a quello svolto in quel piccolo Ospedale africano.
Non ho nominato l'Italia perché, a quel tempo, ritenevo che la gravidanza e il parto fossero nel nostro Paese esageratamente medicalizzati.
Da quando è sorto l’Ospedale di Matany, a fine anni ’60, il numero dei parti è rimasto pressoché invariato. Guardando solo quest’indice lo si potrebbe considerare un fallimento del lavoro svolto, ma venticinque anni sono niente, per una società statica come quella karimojong.

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5 commenti:

  • Verbena il 05/09/2014 00:36
    Ho letto con vivo interesse questo bellissimo racconto, in un luogo dove la vita è tanto precaria e resiste fortunosamente al caso che la può mantenere o distruggere inesorabilmente. Tuttavia il valore di essa è vissuto con grande rispetto. La nascita che sempre è portatrice di gioia, pur sapendo quanto possa essere breve. Grazie per questo preciso e completo rapporto. Mi piacerebbe fosse pubblicato su qualche giornale importante, come testimonianza di quel lavoro medico che dal mondo occidentale si attiva nei miseri paesi africani, a volte a prezzo anche della propria vita.
  • Cesira Sinibaldi il 20/02/2010 15:13
    Grazie per questo spaccato di umanità vista, vissuta e resa bene al lettore!
  • Cesira Sinibaldi il 20/02/2010 15:12
    È uno spaccato di umanità che solo chi vive direttamente e con un'intensità palpabile può rendere al lettore. Grazie!
  • Cesira Sinibaldi il 20/02/2010 15:10
    È un interessante spaccato di umanità che solo chi vive direttamente e con questa intensità poteva rendere al lettore. Grazie!
  • Anonimo il 18/03/2009 08:51
    Triste verità nel mondo africano, scritte in modo esemplare e preciso,
    complimenti Antonio, dato che sei un medico ho deciso di dedicare a te
    e a tutti quei medici che operano e lavorano con immensa umiltà
    in quei posti difficili una mia opera di prossima uscita.
    Cari saluti.

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