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Garibaldi e il professore

Il professor Giovanni ***, ex insegnante di storia al Liceo, oggi in pensione da diversi anni, è un uomo solo. La moglie è morta da sei anni, il loro unico figlio ha sposato una ragazza olandese e vive ad Amsterdam. All'inizio tornava a trovare i genitori durante le ferie estive, ma, morta la madre, non è più venuto, adducendo scuse varie. Giovanni, in fondo in fondo, preferisce così. La nuora straniera, che conosce appena, i due nipotini assai vivaci, che parlavano a voce troppo alta in una lingua a lui incomprensibile e si rincorrevano per le stanze di casa, lo infastidivano alquanto. Abita in un grande appartamento ereditato dalla madre, in un palazzo costruito agli inizi del secolo scorso e prospiciente i giardini a mare della sua città, dove è nato e cresciuto. Tiene chiuse a chiave varie stanze dell'appartamento: praticamente vive gran parte della giornata in un suo piccolo studiolo, privo di finestre, con una vecchia scrivania di legno di ciliegio, seduto su una poltroncina di bambù intrecciato, a cui la moglie buonanima aveva applicato dei cuscini di cotone a fiori. È un uomo magro, di bassa statura, capelli bianchi ancora folti e sempre arruffati, il viso sparuto di cui colpiscono gli occhi azzurri, che però da qualche tempo appaiono spenti. In effetti gli era stata diagnosticata la cataratta da ambedue gli occhi, ma Giovanni non aveva voluto farsi operare. Temeva che qualche incidente durante l'operazione lo potesse privare anche di quel poco di vista che gli rimaneva. E poi si sentiva vecchio, ormai prossimo alla fine, per cui diceva a se stesso che non valesse la pena di sottoporsi ad un intervento.
Per nutrirsi prepara qualcosa di sbrigativo da sé, o acquista cibo già pronto al Market vicino a casa. Mangia poco, giusto quel tanto per sopravvivere. Non beve, non fuma, non possiede neppure la TV. I libri, quelli sì, sono la sua vera passione. Gira per le bancarelle librarie dei mercatini e quando fa una buona scoperta, se ne torna a casa allegro come un uccellino. I vecchi scaffali della libreria sono stracolmi e incurvati sotto il greve peso, e ci sono cataste di volumi per terra in ogni dove, semplicemente appoggiate su fogli di carta da pacchi. Tempo addietro aveva pensato di far sgomberare il salotto (una delle stanze inutilizzate chiuse a chiave) per installarvi una biblioteca più adatta alla bisogna. Poi, pensando alla grande confusione che l'operazione avrebbe creato al suo quieto vivere, aveva abbandonato l'idea. A dire il vero il nostro professore è anche un po' tirchio e la spesa considerevole per effettuare la trasformazione del salotto in biblioteca fu anch'essa causa della sua desistenza.
Quando inizia la bella stagione, nei pomeriggi di tempo buono, Giovanni esce di casa e si reca ai giardini a mare. Indossa sempre un paio di pantaloni di shantung grigio, rimastigli da un completo la cui giacca era irrimediabilmente troppo lisa, e una camicia chiara a righine azzurre, un tempo a manica lunga cui la moglie aveva accorciato le maniche, essendo i polsini assai consunti. Inforca un paio di occhiali scuri per proteggere gli occhi malati e calca in testa un vecchio panama, a cui è particolarmente affezionato. Ha un angolino tutto suo, nei giardini, davanti ad una siepe di pitosfori e ombreggiato da un bell'albero di magnolia. La panchina è a stecche di legno, un po' troppo distanziate e quindi non particolarmente comoda. Ma Giovanni reca sempre con sé un cuscino sottile, che porta arrotolato sottobraccio, e rimedia all'inconveniente. La panchina è situata sul margine dello spiazzo al termine dei giardini. Oltre, un muraglione in pietra scende di circa quattro metri fino alla spiaggia, a cui si perviene mediante una scaletta. Al centro dello spiazzo, battezzato "Piazzale Eroe dei Due Mondi" si erge (ovviamente) una grande statua equestre di Garibaldi. È in lamina di bronzo, posta su un basamento di massi grezzi: Garibaldi e il suo cavallo sembrano balzare verso l'alto, in procinto di saltare un ostacolo o di guidare una carica. Lo sguardo dell'Eroe è rivolto ad Est, verso Nizza, sua città natale. La postazione di Giovanni è proprio antistante la statua, per cui il professore ha Garibaldi sott'occhio durante tutta la sua permanenza ai giardini. Ma egli non ama Garibaldi, anzi, lo detesta. Lo ha sempre considerato un avventuriero immorale e privo di scrupoli. Agli inizi del suo insegnamento si era lasciato andare, in classe, ad apprezzamenti poco lusinghieri sull'Epopea Garibaldina. Era stato richiamato gentilmente ma fermamente dal Preside, per cui da allora aveva citato gli avvenimenti che riguardavano Garibaldi in modo affrettato e asettico, limitandosi a quelli elencati dalla storiografia ufficiale, senza più aggiungere nulla di suo. Quando iniziò a frequentare il giardino aveva anche pensato di cambiar postazione, scegliersi un'altra panchina da cui la statua non si scorgesse. Ma quella particolare panchina lo soddisfaceva per altri motivi: la posizione rispetto ai raggi del sole pomeridiano, l'ombra della magnolia, il passeggio. Proprio il passeggio davanti a quel suo posto rendeva insostituibile quella panchina: pazienza se doveva sopportare la vista del tanto detestato Garibaldi! Giovanni infatti traeva uno speciale godimento dall'osservazione delle persone che passavano davanti a lui. E di persone ne passavano molte, data la conformazione del Piazzale. Non essendo molto ampio, con la statua equestre piantata nel bel mezzo, chi giungeva dalla città percorrendo il bel viale alberato che portava al piazzale, era costretto ad aggirare la statua a destra o a sinistra. A sinistra sorgeva la vecchia Piscina Comunale, ancora molto frequentata. Da quel lato si poteva anche proseguire, salendo alla passeggiata "Trento e Trieste", da cui si godeva un'ampia vista della costa. Come si può ben arguire, l'Ufficio Toponomastica del Comune era animato da un fervido spirito patriottico risorgimentale!

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