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Aldo cammina

Me lo ricordo da quando ero piccolo, almeno da quando avevo dodici o tredici anni, e nella mia memoria non è quasi cambiato. Aldo è alto, bruno, capelli ondulati, occhi scuri, liquidi, persi girando chissa’ quale angolo sbagliato.
Aldo ha sempre la barba lunga, fuma, indossa sporchi vestiti sgualciti, delle cuffie collegate ad un walk-man nascosto in una tasca del K-Way con cui ascolta una musica che nessuno conosce, e cammina, cammina, cammina sempre.
Ho sentito dire che la sua è una famiglia ricca e che lui, più o meno quando aveva diciassette-diciotto anni, ha subito una delusione da cui non si è più ripreso: altri dicono semplicemente che è un drogato del cazzo, e che sta al mondo solo per consumare i marciapiedi col suo incessante andirivieni.
Non l’ho mai visto parlare con nessuno, non ho mai sentito nessuno dire di averci parlato o di volerci parlare, e non l’ho mai visto tentare di parlare con qualcuno, Aldo cammina, e basta, e quando Aldo cammina, sembra che le strade perdano la loro consistenza materiale per assecondare i suoi pensieri.
Perché i pensieri di Aldo procedono in linea retta, rifiutando curve, angoli, rotatorie, dislivelli, divieti, persone; e sembrano farlo ad una velocità tale che il suo corpo è costretto ad arrancare costantemente dietro di loro, sempre in ritardo, sempre troppo sfinito per afferrarne la complessità; e forse, al culmine di una maestosa accelerazione che li ha portati troppo lontano dalla mente che li ha generati, i pensieri di Aldo sono arrivati in una lontanissima zona indefinita, maligna, dove il corpo arrancante dell’uomo non è più riuscito a seguirli, lasciandolo lì, a proseguire come un maratoneta cieco.
Ultimamente Aldo ha lasciato le zone centrali della città, da sempre le sue preferite, per spostarsi verso la periferia, dove ancora si incontrano case basse, palazzi a due, tre piani, e vicoli stretti a dividere le miserie e le paranoie degli uomini che vi abitano, ed a me è venuto di pensare che forse da quel walk-man quell’uomo non ascolta musica, ma che forse quelle cuffie gli servono per tenersi in contatto con quei pensieri che lasciati randagi al di fuori della sua mente, hanno colto qualcosa nel caos indistinto, ed ora stanno cercando di ristabilire il contatto, e lui riesce solo ad afferrare dei brandelli di quella coscienza, e continua a vagare seguendo quel segnale che gli giunge solo ad intermittenza.
Può darsi che Aldo, pur confusamente, abbia colto comunque qualcosa, e quel qualcosa sia stato sufficiente per considerare inutile il rapporto con gli altri, tanto da fargli considerare quel camminare continuo come l’unica cosa che vale la pena di fare.
Magari è solo un drogato del cazzo, ma quando Aldo passa, io tendo sempre l’orecchio, sperando di sentire anch’io cosa gli i suoi pensieri cercano di dirgli.

 

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6 commenti:

  • francesco gallina il 20/08/2007 17:16
    ti ri-ringrazio, l'ho rivisto anche ieri, è solo passato al lettore Cd.
  • Ivan Benassi il 19/08/2007 23:56
    Anche questo da archiviare tra quelli da leggere. scorrevole e scritto davvero con maestria.
  • francesco gallina il 15/06/2007 22:19
    Già, inoltre Aldo, anche se non si chiama così, esiste davvero.
  • Stella La Rosa il 15/06/2007 17:08
    Molto realistico. Uno spaccato sui problemi psico-esistenziali di quegli uomini che ormai non ci sforziamo più di capire. Già è più facile dire: un drogato del cazzo... senza indagare oltre, senza guardare oltre...
  • francesco gallina il 15/06/2007 10:14
    Ti ringrazio
  • Antonello Gualano il 15/06/2007 09:39
    ciao francesco! complimenti, questo racconto breve è davvero scritto bene:fluido, piacevole, incisivo. Sei decisamente bravo! meriti un 8!

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