Mia dolce ape, qui in Sardegna,
isola tormentata, incenerita, scabra, di radici amare,
isola incantata, musicale, di cuori prigionieri,
uomini di ginepro e di olivastro, di poche parole,
e donne di corbezzolo dagli occhi dipinti d'anima,
qui ti amo, se ti accontenti dei sapori aspri
e delle pietre di vento, lo so, è poco, ma è tenace.
Qui, se già non ti amassi, ti amerei ai quattro punti cardinali.
A Sud ti amerei.
In mezzo al golfo c'è un promontorio su cui Lucifero,
sconfitto dagli Angeli, si sedette
lasciando un'impronta profonda a forma di sella.
Al tramonto è un serpente gigantesco e scuro
che rosicchia col suo profilo a poco a poco il sole.
A Nord ti amerei.
Dall'alto di una torre fatta di pietre, a pianta pentagonale,
l'anima vola con gli occhi, come cantava Grazia Deledda,
su rocce, campagne e su un fiume di smeraldo, che pigro scorre
col suo cuore caldo e sensuale e non bada più
al trionfo di verde e rosso che lo circonda,
e vola più in là sul mare, blu scuro, limpido e profondo.
A Ovest ti amerei.
Uno sperone di granito allungato sul mare, lingua tagliente
in contrasto perenne con le onde e con il vento,
scogliere a picco, carattere scostante, sabbie grossolane,
uova di granito a tracciare sentieri aspri e desolati, eppure,
a sfidare questo, imperterriti e prepotenti nascono candidi gigli.
A Est ti amerei.
C'è un Capo che è una prua rocciosa ancorata sul mare
e separa sabbie di graniti sbriciolati d'oro puro
da granuli sabbiosi di rocce vulcaniche nere,
con indosso lentischi, euforbie, ginepri e olivastri.
Come potrei ignorare il canto che si sprigiona
dal Golgo, una voragine che raccoglie certamente
i sospiri e le risate degli Dei ctoni?
Mia dolce libellula,
questa è la mia casa senza porte e pareti, una finestra panoramica,
sono campi di grano le stanze, il tetto non ha confini, è il cielo.
Qui, se non ti amassi, senza dubbio ti amerei.