Sono in buia e anoressica stanza, mi trovo un po’ stanca, indecisa, vogliosa di grazia. Il mio desiderio è un fulmine andante, ardente di rosso, cucina di noi. Il mio desiderio è un fulmine caldo, luce infinita in notte insonne.
Non pensare fosse tuo il diritto di spegnerlo.
La pistola mi baciò due volte e rimboccò le coperte, sussurrandomi buonanotte. Mentre i cani si leccavano fissai il pavimento. Diventai pavimento. E la terra mi baciò due volte, chiedendo perdono. No, non parlare. Oggi il mio dio è stato sconfitto, sanguinava in ferite che il tempo bastardo aveva dimenticato di rimarginare. Bevvi la sua linfa e ricominciai a parlare. Baciando la pistola, due volte, e rimboccando le coperte. Adora il respiro, ora, il mio segno di vita, la cura melodiosa e la polvere amata.
Sono in buia e anoressica stanza, mi trovo sudata, un po’ sporca, vogliosa di lei. Girai muri bianchi, trovai il pavimento. Diventai pavimento. Mentre i cani si leccavano fissai tutto intorno: nel regno senza cielo, nel posto senza sole, ero la regina bianca. Bianca di neve, bianca di lei, sudata nella sua assenza. Baciai la pistola, solo una volta, e le coperte si rimboccarono in infinita grazia.