Aggiorna sulla luna
e a noi suade il sonno
questa faccia distolta dal sole,
la campagna profondata negli oceani.
Per un varco di nubi ancor balena
in poche stelle la vita lasciata:
mentre sugli occhi piombano le ciglia
e suda fresco umore
sulla bocca dei cani muti.
Ho tanta fede in te. Mi sembra
che saprei aspettare la tua voce
in silenzio, per secoli
di oscurità.
Tu sai tutti i segreti,
come il sole:
potresti far fiorire
i gerani e la zagara selvaggia
sul fondo delle cave
di pietra, delle prigioni
leggendarie.
Ho tanta fede in te. Son quieta
come l'arabo avvolto
nel barracano bianco,
che ascolta Dio maturargli
l'orzo intorno alla casa.
Tristezza di queste mie mani
troppo pesanti
per non aprire piaghe,
troppo leggere
per lasciare un'impronta -
tristezza di questa mia bocca
che dice le stesse
parole tue
- altre cose intendendo -
e questo è il modo
della più disperata
lontananza.
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera
come le estreme foglie
dei pioppi, che s’accendono di sole
in cima ai tronchi fasciati
di nebbia -
Vorrei condurti con le mie parole
per un deserto viale, segnato
d’esili ombre -
fino a una valle d’erboso silenzio,
al lago -
ove tinnisce per un fiato d’aria
il canneto
e le libellule si trastullano
con l’acqua non profonda -
Vorrei che la mia anima ti fosse
leggera,
che la mia poesia ti fosse un ponte,
sottile e saldo,
bianco -
sulle oscure voragini
della terra.
5 dicembre 1934
Naufraghi sugli scogli,
ognuno narra
a sè solo - la storia
di una dolce casa
perduta,
sè solo ascolta
parlare forte
sul deserto pianto
del mare -
Triste orot abbandonato l'anima
si cinge di selvagge siepi
di amori:
morire è questo
ricoprirsi di rovi
nati in noi.