Sul fiorire della mia giovinezza ebbi per sorte
Di visitare, per quanto grande è il mondo,
Un luogo che meno non avrei saputo amare,
Tanto cara mi fu la solitudine d'un lago
Silvestre, da nera roccia cinto
E d'alti pini torreggianti intorno.
Ma quando su quel luogo come ovunque,
La Notte distendeva il suo gran manto
Ed il mistico vento trascorreva
Nel sussurrare d'una melodia,
Allora, oh! sempre allora io mi destavo
Sgomento per quel lago solitario.
Quello sgomento però non era orrore
Ma un fremito leggero di piacere,
Un sentire che indurmi a definire, o insegnarmi
Non saprebbero miniere di gioielli
Neppur Amore, benché tuo fosse l'Amore.
La Morte era in quell'onda avvelenata
E nel suo gorgo una tomba preparata
Per chi di là trarre poteva
Conforto a un solitario immaginare
La cui anima mesta trasformare
Sapeva in Eden questo lago oscuro.
Col suo gaio cimiero,
un ardito cavaliere,
sotto il sole e in fitta ombra,
già da tempo andava errando
e cantava una canzone
ricercando l'Eldorado.
Ma diventò vecchio intanto
questo prode cavaliere
e gli calò sul cuore
un'ombra, che non trovava
mai terra o luogo
somigliante all'Eldorado.
E quando le forze
l'abbandonarono infine,
incontrò un'ombra pellegrina
"Ombra", egli chiese,
"dove mai si troverà
questa terra d'Eldorado?"
"Oltre ai Monti
della Luna,
giù nella Valle delle Tenebre,
cavalca, cavalca intrepido",
così l'ombra gli rispose
"se vai in cerca d'Eldorado!".
fin dall'ore dell'infanzia non fui mai
simile agli altri,
mai vidi le cose
come gli altri le vedevano,
nè seppi la mia passione
trarre da una comune fonte.
dalla stessa sorgente non presi il mio dolore,
sulle stesse tonalità non ho potuto
risvegliare alla gioia il mio cuore,
e tutto quel che ho amato, da SOLO io l'ho amato.
allora, nell'infanzia,
agli albori d'un'esistenza in tempesta,
dal fondo d'ogni bene e d'ogni male
fu attinto il mistero che ancora mi lega,
dal torrente o dalla fontana,
dal pendio rosso del monte,
dal sole che mi girava e rigirava attorno
nel suo autunno d'oro tinto,
dal lampo del cielo
che in volo mi passava e ripassava accanto,
dal tuono e dalla tempesta,
dalla nube che (azzurro era il resto del cielo)
in demone
si trasformò ai miei occhi.
O bella isola, che dal più bel fiore
prendi il tuo nome, fra tutti il più gentile!
Quante memorie di raggianti ore
da te si ridestano al tuo solo apparire!
E parvenze di quale perduta felicità!
E pensieri di quali speranze sepolte!
E visioni di una fanciulla, sui tuoi verdi
pendii, che non è più, che non è più!
Non più! Ahimè, quel magico e triste suono
che tutto trasmuta! Non più loderò i tuoi incanti,
non più il ricordo di te! Un esecrato suolo
d'ora in avanti riterrò il tuo lido fiorito,
o isola giacintea! O purpurea Zante!
Isola d' oro! Fior di Levante!
Or son molti e molti anni
che in un regno in riva al mare
viveva una fanciulla che col nome
chiamerete di Annabel Lee:
e viveva questa fanciulla con non altro pensiero
che d'amarmi e d'essere amata da me.
Io ero un bimbo e lei una bimba,
in questo regno in riva al mare;
ma ci amavamo d'un amore ch'era più che amore
io e la mia Annabel Lee
d'un amore che gli alati serafini in cielo
invidiavano a lei ed a me.
E fu per questo che -oh, molto tempo fa-
in questo regno in riva al mare
un vento soffiò da una nube, raggelando
la mia bella Annabel Lee;
così che vennero i suoi nobili parenti
e la portarono da me lontano
per rinchiuderla in un sepolcro
in questo regno in riva al mare.
Gli angeli, non così felici in cielo come noi,
a lei e a me portarono invidia -
oh sì! E fu per questo (e tutti ben lo sanno
in questo regno in riva al mare)
che quel vento irruppe una notte dalla nube
raggelando e uccidendo la mia bella Annabel Lee.
Ma molto era più forte il nostro amore
che l'amor d'altri di noi più grandi-
che l'amor d'altri di noi più savi-
e né gli angeli lassù nel cielo
né i demoni dentro il profondo mare
mai potran separare la mia anima dall'anima
della bella Annabel Lee:
giacché mai raggia la luna che non mi porti sogni
della bella Annabel Lee;
e mai stella si leva ch'io non senta i fulgenti occhi della bella ANNABEL LEE:
e così, nelle notti, al fianco io giaccio
del mio amore - mio amore - mia vita e mia sposa,
nel suo sepolcro lì in riva al mare,
nella sua tomba in riva al risonante mare.
Edgar Allan Poe e' stato poeta e scrittore, considerato l'inventore del genere 'giallo' per racconti come 'I delitti della Rue Morgue' e dell'orrore per 'Il gatto nero'. Orfano di madre e abbandonato dal padre viene cresciuto dalla famiglia Allan senza mai una legale adozione. Abbandona l'università a causa dei debiti contratti al gioco d'azzardo e si arruola a West Point anche se verrà cacciato a causa della sua mancanza di disciplina. Nel frattempo pubblica i suoi racconti grazie a dei concorsi letterari riuscendo a diventare nel 1835 vicedirettore di un famoso giornale di Richmond. Si sposa con la cugina Virginia, che morirà giovane pochi anni dopo il matrimonio. Poe perso nella disperazione si dà all'alcool. Nel 1849, anno della sua morte, Edgar Allan Poe ha già pubblicato con successo opere come 'Ligeia', 'Il pozzo e il pendolo' e la sua poesia più famosa 'Il corvo'.
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