Il pederasta si pettina
nella sua mantiglia di seta.
I vicini sorridono
alle loro finestre interne.
Il pederasta liscia
i riccioli della sua testa.
Nei patios gridano i pappagalli,
zampilli e pianeti.
Il pederasta si orna
di un gelsomino sfacciato.
La sera diventa strana
tra pettini e convolvoli.
Lo scandalo trema
rigato come una zebra.
I pederasti del sud
cantano sulle terrazze.
Mamà.
Voglio essere d'argento.
Figlio,
avrai molto freddo.
Mamà.
Voglio essere d'acqua,
Figlio,
avrai molto freddo.
Mamà.
Ricamami sul tuo cuscino.
Questo sì!
Figlio, e subito!
Silenzio, dove porti
il tuo vetro appannato
di sorrisi, di parole
e di pianti dell'albero?
Come pulisci, silenzio,
la rugiada del canto
e le macchie sonore
che i mari lontani
lasciano sul bianco
sereno del tuo velo?
Chi chiude le tue ferite
quando sopra i campi
qualche vecchia noria
pianta il suo lento dardo
sul tuo vetro immenso?
Dove vai se al tramonto
ti feriscono le campane
e spezzano il tuo riposo
gli sciami delle strofe
e il gran rumore dorato
che cade sopra i monti
azzurri singhiozzando?
L'aria dell'inverno
spezza il tuo azzurro
e taglia le tue foreste
il lamento muto
di qualche fonte fredda.
Dove posi le mani,
la spina del riso
o il bruciante fendente
della passione trovi.
Se vai agli astri
il solenne concerto
degli uccelli azzurri
rompe il grande equilibrio
del tuo segreto pensiero.
Fuggendo il suono
sei anche tu suono,
spettro d'armonia,
fumo di grido e di canto.
Vieni a dirci
la parola infinita
nelle notti oscure
senza alito, senza labbra.
Trafitto da stelle
e maturo di musica,
dove porti, silenzio,
il tuo dolore extraumano,
dolor di esser prigioniero
nella ragnatela melodica,
cieco per sempre
il tuo sacro fonte?
Oggi le tue onde trascinano
con torbidi pensieri
la cenere sonora
e il dolore del passato.
Gli echi dei gridi
che svanirono per sempre.
Il tuono remoto
del mare, mummificato.
Se Geova dorme
sali al trono splendente,
spezzagli in fronte
una stella spenta
e lascia davvero
la musica eterna,
l'armonia sonora
di luce, e intanto
torna alla tua fonte,
dove nella notte eterna,
prima di Dio e del tempo
sgorgavi in pace.
Agosto,
controluce a tramonti
di pesca e zucchero
e il sole dentro la sera
come il nocciolo nel frutto.
La pannocchia serba intatta
la sua risata gialla e dura.
Agosto.
I bambini mangiano
pane nero e luna piena.
La rosa
non cercava l'aurora:
quasi eterna sul ramo
cercava altra cosa.
La rosa
non cercava né scienza né ombra:
confine di carne e sogno
cercava altra cosa.
La rosa
non cercava la rosa.
Immobile nel cielo
cercava altra cosa.
Federico Garcia Lorca (1898-1936) è stato un celebre poeta e scrittore spagnolo.
Garcia Lorca muore durante la Guerra civile spagnola, ucciso dai seguaci di Franco a causa del suo dichiarato favore verso le forze repubblicane.
Una spiccata capacità introspettiva lo ha reso cantore di ogni cosa esistente: la vita, l'amore, la morte, gli alberi, la sua chitarra e la sua tristezza.