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Poesie di Gabriele D'Annunzio

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L'ulivo

Laudato sia l'ulivo nel mattino!
Una ghirlanda semplice, una bianca
tunica, una preghiera armoniosa
a noi son festa.

Chiaro leggero è l'arbore nell'aria
E perché l'imo cor la sua bellezza
ci tocchi, tu non sai, noi non sappiamo,
non sa l'ulivo.

Esili foglie, magri rami, cavo
tronco, distorte barbe, piccol frutto,
ecco, e un nume ineffabile risplende
nel suo pallore!

O sorella, comandano gli Ellèni
quando piantar vuolsi l'ulivo, o côrre,
che 'l facciano i fanciulli della terra
vergini e mondi,

imperocché la castitate sia
prelata di quell'arbore palladio
e assai gli noccia mano impura e tristo
alito il perda.

Tu nel tuo sonno hai valicato l'acque
lustrali, inceduto hai su l'asfodelo
senza piegarlo; e degna al casto ulivo
ora t'appressi.

Biancovestita come la Vittoria,
alto raccolta intorno al capo il crine,
premendo con piede àlacre la gleba,
a lui t'appressi.

L'aura move la tunica fluente
che numerosa ferve, come schiume
su la marina cui l'ulivo arride
senza vederla.

Nuda le braccia come la Vittoria,
sul flessibile sandalo ti levi
a giugnere il men folto ramoscello
per la ghirlanda.

Tenue serto a noi, di poca fronda,
è bastevole: tal che d'alcun peso
non gravi i bei pensieri mattutini
e d'alcuna ombra.

O dolce Luce, gioventù dell'aria,
giustizia incorruttibile, divina
nudità delle cose, o Animatrice,
in noi discendi!

Tocca l'anima nostra come tocchi
il casto ulivo in tutte le sue foglie;
e non sia parte in lei che tu non veda,
Onniveggente!



L'onda

Nella cala tranquilla
scintilla,
intesto di scaglia
come l'antica
lorica
del catafratto,
il Mare.
Sembra trascolorare.
S'argenta? s'oscura?
A un tratto
come colpo dismaglia
l'arme, la forza
del vento l'intacca.
Non dura.
Nasce l'onda fiacca,
súbito s'ammorza.
Il vento rinforza.
Altra onda nasce,
si perde,
come agnello che pasce
pel verde:
un fiocco di spuma
che balza!
Ma il vento riviene,
rincalza, ridonda.
Altra onda s'alza,
nel suo nascimento
più lene
che ventre virginale!
Palpita, sale,
si gonfia, s'incurva,
s'alluma, propende.
Il dorso ampio splende
come cristallo;
la cima leggiera
s'aruffa
come criniera
nivea di cavallo.
Il vento la scavezza.
L'onda si spezza,
precipita nel cavo
del solco sonora;
spumeggia, biancheggia,
s'infiora, odora,
travolge la cuora,
trae l'alga e l'ulva;
s'allunga,
rotola, galoppa;
intoppa
in altra cui 'l vento
diè tempra diversa;
l'avversa,
l'assalta, la sormonta,
vi si mesce, s'accresce.
Di spruzzi, di sprazzi,
di fiocchi, d'iridi
ferve nella risacca;
par che di crisopazzi
scintilli
e di berilli
viridi a sacca.
O sua favella!
Sciacqua, sciaborda,
scroscia, schiocca, schianta,
romba, ride, canta,
accorda, discorda,
tutte accoglie e fonde
le dissonanze acute
nelle sue volute
profonde,
libera e bella,
numerosa e folle,
possente e molle,
creatura viva
che gode
del suo mistero
fugace.
E per la riva l'ode
la sua sorella scalza
dal passo leggero
e dalle gambe lisce,
Aretusa rapace
che rapisce le frutta
ond'ha colmo suo grembo.
Súbito le balza
il cor, le raggia
il viso d'oro.
Lascia ella il lembo,
s'inclina
al richiamo canoro;
e la selvaggia
rapina,
l'acerbo suo tesoro
oblía nella melode.
E anch'ella si gode
come l'onda, l'asciutta
fura, quasi che tutta
la freschezza marina
a nembo
entro le giunga!

Musa, cantai la lode
della mia Strofe Lunga.



A Gorgo

Gorgo, più nuda sei nel lin seguace.
La tua veste ti segue e non ti chiude.
Fra l'ombelico e il depilato pube
il ventre appare quasi onda che nasce.

Ombra non è su le tue membra caste:
dall'inguine all'ascella albeggi immune.
Polita come il ciottolo del fiume
sei, snella come l'ode che ti piacque.

Danzami la tua molle danza ionia
mentre che l'Apuana Alpe s'inostra
e il Mar Tirreno palpita e corusca.

L'Ellade sta fra Luni e Populonia!
E il cor mi gode come se tu m'offra
il vin tuo greco in una tazza etrusca.



Notte Bianca

La mia lunga romanza in mi minore
va per la calma de la notte bianca:
io son già fioco, la chitarra è stanca;
ma voi non ascoltate, e il canto muore.
Vi traggono, Madonna, i sogni a 'l fiume
che rispecchia ne l'acque alte i roseti,
ove dileguan sotto il mite lume
le coppie de le amanti e de i poeti?
<<O voi su 'l letto morbido supina
mentre sorgono i fiori a pispigliar
su da li antichi vasi de la China,
voi sommerge la fresca onda lunar?>>
La mia lunga romanza in mi minore
va per la calma della notte bianca:
io son già fioco, la chitarra è stanca;
ma voi non ascoltate, e il canto muore.
O Madonna, la luna impallidisce
ne 'l ciel come una lampa d'alabastro;
e s'accendono già le prime strisce
di arancio e ora sovra il ciel verdastro.
E voi non vi destate? O su da 'l letto
a l'ultimo incantesimo lunar,
sorgete alfine ignuda a mezzo il petto,
candida e palpitante, ad ascoltar?
Aprite, aprite; de le chiome l'onda
porgetemi: d'amor li incanti io so;
lieve per la vivente scala bionda
a 'l ciel de' vostri baci io salirò.



O falce di luna calante

O falce di luna calante
che brilli su l’acque deserte,
o falce d’argento, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!

Aneliti brevi di foglie,
sospiri di fiori dal bosco
esalano al mare: non canto non grido
non suono pe ’l vasto silenzio va.

Oppresso d’amor, di piacere,
il popol de’ vivi s’addorme...
O falce calante, qual mèsse di sogni
ondeggia al tuo mite chiarore qua giù!





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Poesie Gabriele D'Annunzio (1863 - 1938) è stato uno scrittore italiano, simbolo del movimento del decadentismo, ma anche un politico oltre a militare ed eroe di guerra. La figura di D'Annunzio, che ha suscitato per anni l'amore e l'odio della critica e dell'opinione pubblica, influenzò infatti in maniera significativa sia la letteratura che la politica degli anni successivi. D'Annunzio viene anche ricordato come il Vate d'Italia.
Proprio per questi motivi oltre alle sue poesie si ricordano anche molti aforismi di Gabriele D'Annunzio.

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