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Poesie di Tiziano Rossi

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Zio

Qui bene si staglia in due fotografie
dritto su un prato secco,
e somigliava a uno spago, bisognoso di nulla.

Si spera che sereno sia arrivato
ad altre solitudini,
porgendo l'orecchio a quello che non c'è:
mio zio col cappello, che poco lavorava
e gli piaceva solamente la musica e
con uno strumento faceva dolci suoni.

Ora rilucono di più le sue manìe:
teneva un elenco dei genetlìaci, seguiva
notturno i lavori tranviari,
spesso si intruppava con dei cani.

La sua storia malcerta qui finisce
(sai le persone, isole che camminano)
e quale evviva potremmo gridargli
noi, venuti al tempo di cose mondiali,
di stirpi in smisurato espatrio.

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Difesa

Caro nonno, che di me nipote
più non ti ricordi (sono
venuto al mondo dopo il Trentaquattro),
che mi dici figliolo o pressappoco
nel tuo scuro farnètico e gli sbagli, e
parli appena di trincee e di fuoco.

Ecco - la vedi? - questa è la trapunta,
così si chiama, e adesso fa' attenzione
a come la federa s'apre e s'infila. O ancora
tu t'imbuchi là a Nervesa (la battaglia
sotto le troppo sue bombe) o a Doberdò
nel fumo stranita e caduta?

Di tanto si è ritratta la tua vita
tutta in un puntino, per fare resistenza:
che difesa scarnita in questo tempo
sempre di ghiacci, di afflitti letarghi;
ma tu, di certo, hai cominciato nello stento
un'altra specie di combattimento
da qualche spelata dolina...

E il colloquio è finito, radunare gli straccetti.

   0 commenti     di: Tiziano Rossi


Scoiattolo

Tu mansueto destino, camminante fortuna,
stelo piegato nelle guerre e raddrizzato,
inciampo che non cascava, sorriso che mai
non naufragava,
aiutami, papà.
Tu basco, pipetta e via andare
contento del colore di una pera,
tu e le tue tinte così azzurre sulla malta,
fatto di carezze discrete sulla malta, di malta,
di cavernose locande, e canoniche in quel gelo,
di sandali svelti e pulitezza,
pittore scoiattolo, lontano, impicciolito,
spoglia passione senza cruccio,
nonnulla che intorno aleggiava.

Adesso perlustro il terreno, la più scarna
tua Lombardia,
a cercare i granelli di riso che a cento
piano piano hai lasciato cadere,
tu Pollicino, e senza neanche sapere:
mio arrovellato inseguimento.

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