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Poesie di Umberto Saba

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Mio padre è stato per me l'assassino

Mio padre è stato per me "l'assassino";
fino ai vent'anni che l'ho conosciuto.
Allora ho visto ch'egli era un bambino,
e che il dono ch'io ho da lui l'ho avuto.

Aveva in volto il mio sguardo azzurrino,
un sorriso, in miseria, dolce e astuto.
Andò sempre pel mondo pellegrino;
più d'una donna l'ha amato e pasciuto.

Egli era gaio e leggero; mia madre
tutti sentiva della vita i pesi.
Di mano ei gli sfuggì come un pallone.

"Non somigliare - ammoniva - a tuo padre":
ed io più tardi in me stesso lo intesi:
Eran due razze in antica tenzone.

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Guarda là quella vezzosa

Guarda là quella vezzosa,
guarda là quella smorfiosa.

Si restringe nelle spalle,
tiene il viso nello scialle.

O qual mai castigo ha avuto?
Nulla. Un bacio ha ricevuto.

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In riva al mare

Eran le sei del pomeriggio, un giorno
chiaro festivo. Dietro al Faro, in quelle
parti ove s'ode beatamente il suono
d'una squilla, la voce d'un fanciullo
che gioca in pace intorno alle carcasse
di vecchie navi, presso all'ampio mare
solo seduto; io giunsi, se non erro,
a un culmine del mio dolore umano.

Tra i sassi che prendevo per lanciare
nell'onda (ed una galleggiante trave
era il bersaglio), un coccio ho rinvenuto,
un bel coccio marrone, un tempo gaia
utile forma nella cucinetta,
con le finestre aperte al sole e al verde
della collina. E fino a questo un uomo
può assomigliarsi, angosciosamente.

Passò una barca con la vela gialla,
che di giallo tingeva il mare sotto;
e il silenzio era estremo. Io della morte
non desiderio provai, ma vergogna
di non averla ancora unica eletta,
d'amare più di lei io qualche cosa
che sulla superficie della terra
si muove, e illude col soave viso.

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Teatro degli Artigianelli

Falce martello e la stella d'Italia
ornano nuovi la sala. Ma quanto
dolore per quel segno su quel muro!

Esce, sorretto dalle grucce, il Prologo.
Saluta al pugno; dice sue parole
perché le donne ridano e i fanciulli
che affollano la povera platea.
Dice, timido ancora, dell'idea
che gli animi affratella; chiude: "E adesso
faccio come i tedeschi: mi ritiro".
Tra un atto e l'altro, alla Cantina, in giro
rosseggia parco ai bicchieri l'amico
dell'uomo, cui rimargina ferite,
gli chiude solchi dolorosi; alcuno
venuto qui da spaventosi esigli,
si scalda a lui come chi ha freddo al sole.

Questo è il Teatro degli Artigianelli,
quale lo vide il poeta nel mille
novecentoquarantaquattro, un giorno
di Settembre, che a tratti
rombava ancora il canone, e Firenze
taceva, assorta nelle sue rovine.

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L'insonnia di una notte d'estate

Mi sono messo a giacere
sotto le stelle,
una di quelle
notti che fanno dell’insonnia tetra
un religioso piacere.
Il mio guanciale è una pietra.


Siede, a due passi, un cane.
Siede immobile e guarda
sempre un punto, lontano.
Sembra quasi che pensi,
che sia degno di un rito,
che nel suo corpo passino i silenzi
dell’infinito.


Di sotto un cielo così turchino,
di una notte così stellata,
Giacobbe sognò la scalata
d’angeli di tra il cielo e il suo guanciale,
ch’era una pietra.
In stelle innumerevoli il fanciullo
contava la progenie sua a venire;
in quel paese ove fuggiva l’ire
del più forte Esaù,
un impero incrollabile nel fiore
della ricchezza per i figli suoi;
e l’incubo del sogno era il Signore
che lottava con lui.

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Poesie Umberto Saba (1883 - 1957) è stato uno scrittore e poeta italiano. Umberto Saba in realtà è lo pseudonimo di Umberto Poli. Anche grazie all'influenza della cultura mitteleuropea respirata a Trieste (città natale di Saba) lo scrittore si distingue per una poetica semplice e originale che si differenzia dagli stili dominanti all'epoca, tanto che inizialmente il giudizio della critica sulla sua produzione fu perplesso, in particolare a causa dei suoi versi giudicati apparentemente poco dotati di freschezza. La poetica di Umberto Saba è stata successivamente rivalutata, ad oggi viene considerato uno dei maggiori autori del Novecento italiano. Tra le principali opere ricordiamo Il canzoniere, Ernesto, Uccelli e Tre poesie alla mia balia

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