Un vento ancora caldo tira.
Un fiore da pria sbocciato,
la corolla,
via ha portato.
Il sepalo,
nel pistillo s'incoccia.
Una foglia cade,
leggera come goccia.
Cupo è il silenzio,
ci si allocca.
Un merlo col nido sulla siepe di bacche rosse
attento sta ad un fruscio di animale che sotto striscia,
l'odiata sua nemica,
la biscia.
In mezzo al verde che il passo non cede,
del marrone e
Gabbiani che solcate i mari
quante terre lontane toccate,
da quanti tramonti
ed albe dorate venite baciati,
molti di voi sono anche in città,
e quando passo per andare in ufficio
vi vedo volare sul Tevere
per poi fermarvi curiosi a guardare
ma anche un po'per farvi ammirare.
Da mesi sai che t'aspettavo o corazzato amico,
or che chiuso l'inverno il tepor de la prima
primavera nuovo risveglio a te ha poi portato
sì or del piatto il tintinnio ancor risuona lì
quando la sera tarda alla notte il passo cede
che da quello di dolce pomo sottil fette sottili
lì da man le mie amiche poste traendo coi tuoi
dentini aguzzi rumor crei spegnendo la rinnovata
fame, p
solitario vagabondo nella foresta,
ho perso il branco-
tra poco fioccherà e cercherò
un rifugio nascosto alla vista
dei cacciatori -
un tempo ero uomo,
più cattivo di adesso -
la cattiveria paga
e sto pagando -
Sono andata in campagna,
e lungo il mio girovagare,
ho trovato uno stagno
con rane piccine e con rane giganti,
tra tutte troneggiava un rospo
che dire brutto era poco.
Mi sono fermata a guardarle,
e loro, come se avessero gradito,
si sono messe a gracidare
quasi a formare un canto,
da principio sono rimasta sorpresa, poi...
sono scoppiata in una grossa risata,
era per me quel canto
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