Sarebbe senza dubbio
un affare interessante,
ma il tempo è tiranno,
ci sono cose più urgenti.
Ogni giorno la stessa storia.
Il vecchio spegne la luce della cucina.
E non importa
nemmeno alla sorte
se a furia di rimandare
è rimasto senza un capello nero.
Gli starnuti sono un altro sintomo
poco invitante, non c'è dubbio.
La distanza è ridicola
quando si parla d'idee.
Il vecchio cammina a stento,
a fatica trascina la gamba destra.
La luna è piuttosto imbronciata stasera,
è molle ma non sembra affatto delicata.
Il vecchio chiude le imposte
con uno sputo sul marciapiede.
Senza occhiali
non riesce mai a centrare il tombino.
Non ride.
Di sua moglie si sa poco:
raccontano i maliziosi
che scappò con il figlio del ciabattino,
quando non aveva ancora trent'anni.
Lei. Lui venticinque.
E che i figli non l'hanno mai conosciuta.
Ora avranno altro a cui pensare.
Che razza d'inganno.
Ci vorrebbe una bottiglia di whiskey
per digerire l'offesa.
Ma erano altri tempi quelli,
il giovane sposò la cognata
e tutto si sistemò,
come per incanto.
Il vecchio si mette a letto,
ma non dorme.
Pensa alla sua seconda moglie,
e a come sia stupido morire
cadendo dalle scale.
Il sorriso è sdentato,
più che altro sembra un ghigno.
La luce del lume è scoraggiante,
e infatti il vecchio chiude gli occhi.
Più rivede la scena,
e più il cuore accelera,
quasi volesse fargli lo scherzo
di mettersi a galoppare.
Il vecchio si mette a sedere,
s'asciuga il sudore,
prende carta e matita,
e comincia a disegnare.
Inizia dai gradini.
Poi è la volta della testa,
e dei capelli.