Dal momento ’n cui l’ora è troppo tarda
perché’l sognar in me non si risvegli,
soccombe la ragione ormai bugiarda.
L’irrealtà filtra’n me da dei spiragli,
che squarcian’la coscienza più vigile.
Di barriere gl’istinti sono spogli.
Odo ’n me l’eco di voce flebile,
quella dell’infante che fui nel tempo,
che di notte destasi ’nvisibil e
d’arcani spettri fugge senza scampo.
Ed io tremo, tenendo gl’occhi aperti
sulla mia stanza sospesa nel tempo,
le cui pareti si son fatte inerti:
remote dalle certezze diurne,
vinte ormai da tenebre più forti.
Ma non sempre, di quest’ore notturne,
si rivela ’l più terrifico volto
che snida ’l bimbo da mentali urne.
D’emozioni sublimi vengo avvolto
invaso da feroci desideri:
ad altro baratro mi sono volto.
Mi deliziano sensuali misteri
con le fattezze d’un leggiadro viso,
or più vivo che mai - ne’miei inferi.
È uso assopirmi cotal sorriso,
ma non se d’ombre sua danza s’adorna:
da luci e tenebre son ora deriso.
Oceano di misteri ’n me torna.
Scorgo l’abisso d’infinite vite,
che tù notte muti ’n singolar forma.