Fu
il tempo dei treni perduti
delle monorotaie
degli infiniti percossi
erano i campi gli orologi del tempo
ore di mais si alternavano a ore di castagne
quando furono bruciate le melodie delle stagioni non rimase più nulla
barbe dure
pizzichi di barbiturici
convogli
di auto fermate
in divieti di sosta
occhi
finestrini spaccati
dalle mani di notte insonni
documenti
di folla
gettati per strada
calpestarono il viso di una nota impazzita
sulla pelle bluastra di un rosso tramonto
apparve
un livido viola
con chiome di mughetto la primavera di una donna lasciò scorrere i suoi inascoltati versi su una tastiera inondata da nubi bianche
il mio viso
un pianoforte piantonato da un forte pianto