Dimora in me
un continuo e sempre vivo bisogno d'innocenza
come memoria limpida, essenziale
non coperta da incrostazioni.
Tornano nella mia mente
lontane primavere, gigli appassiti
come visioni taciturne e distanti,
e tra echi sepolti,
in un urlo senza voce,
cadendo vittima del segreto logorio della vita,
subisco inerme la vecchiaia
come qualcosa di ineluttabile
stagione ultima, cupa e persino squallida
in cui sopravvive solo la memoria.
Non è tanto l'immagine della decadenza fisica,
dell'inarrestabile declino che mi colpisce,
quanto la fugacità, la brevità del tempo
lo spazio attraversato in un lampo da ogni cosa,
anche le immensità celesti
dove ho cercato quasi un punto focale
della mia esistenza.
Oggi sono immerso nella follia più lucida,
il mio mondo è l'irrazionale
il mio pensiero si muove sempre sull'orlo dell'abisso sembra una maledizione.
Non c'è più luce, non c'è chiarezza
nel mondo informe, tumultuoso del mio vissuto.
Mi sgorga dento un'impressione di inerzia, di passività
che traspare dalla contemplazione della natura,
ha il gusto del tempo e delle sue rovine
perchè quest'ultimo,
pur nella disperazione e nella malinconia,
è il solo che mi dia una qualche trepidazione,
un'incertezza, una sorpresa.