Ho conosciuto il mondo,
tramite i suoi abitanti.
E
spesso
non mi è
piaciuto.
Ma navigando il mio mare
sulla cresta dell’onda
ho attraversato spazio e tempo
facendomi cullare
da un indizio di gloria
e beandomi di sole.
Poi
c’era di nuovo il mondo,
e la sua realtà,
e ancora il mondo,
e la sua gente,
che scruta attraverso
le sue lenti spesse
e non sa
di avere gli occhi sani.
E nell’abisso
dei miei sogni di morte
ho assaporato il nulla,
tornando
con la bocca amara
e la lingua ruvida
e con quel
vago
senso di nostalgia
che chiamiamo speranza
ma che è solo
consapevolezza:
di poter essere
ancora
ma
che
non
sarà
per
molto.