Due colonne di pilastri
insediate sulla vista
creano visione biforcuta
appesa a dei rossi nastri.
Pur questi si dileguano
per timore dei gradi
ringhiere che ferrate
col caldo non scioglieran.
Incorrono vivaci maestrali
per consegnarmi del coraggio,
ma la sveglia non lo segue
sgretolandosi in falci.
Non è più il secondo,
ma l'istante imperioso
che con la sua corona
domina il mio mondo.
Ho le mani sporche
par polvere o carbone
ma prendendomi per mano
son crollate le forche.
Non vedente morirei
seppur spesso lo speravo
non ci sarà Maggio
e Giugno non vedrei.
Diciassette non sorridente
in un sogno dimenticato
mi chiedo che sia ore che
sangue sporca e non sente.
Mentre tutto rivive
annullate la carne mia,
a che serve scegliere
se gabbia non è sentire.
Poco importa veder ancora
le stesse sbarre ferrate
cercherei di scappare
ma manca oramai un'ora.
Benvenuto diciassette,
se ridere è l'alternativa
al modesto sorridere,
io ti lascio fare.
Mani poco lunghe
ma arrivo alla tue labbra
ti sfioro rubandoti
il sorriso che sul petto
avevi stampato.