Portus Naonis,
di inossidabile romanità rivestita,
porto del fiume ti vestisti Pordenone,
ne'mesi d'esordio di tua vita.
Medieval matrona
tra carezze di Carantini,
vanto a ragione mai celato,
dell'austriaco Arciducato,
la storia in strenna fece alla tua pelle,
l'incandescente e lagunar profumo
della Serenissima Venezia.
Cantano sereni e scalpitanti i giorni,
tra i sussurri d'acqua
del dolce Noncello,
nave avida d'amore e di scoperta,
si fa l'umana curiosità,
che beata giganteggia
tra l'ostendersi del gotico duomo di San Marco,
e la santa Barbara
di Santa Maria degli Angeli amabile custode,
soave e protettiva ipnosi artistica,
da Gianfranco da Tolmezzo partorita.
Il Beato Odorico si presenta,
nelle fantasie cromatiche,
della sua maternità,
Pordenone,
dama accecante di beltà,
ruggisci oggi come ieri,
tra le mura di palazzo Ricchieri,
e il castello di Torre
ch'un tempo dimora fu dei signori di Ragogna,
e ora scintilla di poesia,
ammantata di mai vetusta archeologia.
Pordenone
cammeo di vitalità industriale,
sorella Porcia ti portò oltreconfine,
e mille paesi ti fece amici,
diluvial producendo,
lavastoviglie, frigo e lavatrici.
Così ti celebro, Pordenone,
nella tavolozza delle mie povere parole,
conscio che ben più ampia sia,
la traccia lasciata dal tuo sole.