Io e Ciccio ci rispettavamo
e Dio solo sa cosa vuol dire rispetto
due ragazzini, noialtri, Ciccio ed io, col cazzo duro sotto la luna pallida del sud
e Ciccio voleva fare l'attore, ce la sapeva lui a interpretare ruoli
nella terribile tragedia della vita
io non volevo fare nulla, volevo solo guardare la cose,
non entrarci, mi faceva troppo male.
La sera ci chiudevamo a casa sua a bere
fumavamo erba
parlavamo di fica
e pensavamo alla morte come qualcosa di troppo lontano da noi.
La morte ti prende, qualche volta, quando sei giovane
te la senti entrare nelle unghie dei piedi o sotto il palato
la morte ti dice che quella felicità è solo un passaggio transitorio
ti spiega dei suicidi e delle squallide notti da solo in una stanza
te la mette in culo per qualche minuto, la morte,
interferendo con la liscia frenesia della tua gioventù.
A Ciccio non lo vedo da diversi anni
è stato a Milano a farsi di coca e fottersi graziose giovinotte
io invece mi sono ucciso dentro
e delle volte ripenso a quei momenti
quando eravamo giovani
e mi prende come una nostalgia che non è tanto una nostalgia
è qualcosa che somiglia più all'angoscia
perché nell'amicizia, cristo d'un dio, nell'amicizia e nell'amore
non è possibile, nell'amicizia, non vedersi e non sentirsi più
è un reato, un crimine, è la più triste delle indegnità, miseria bastarda.