l'antica paura ora balla
nella sacca degli intestini
e mentre la carta della diciottesima sigaretta
brucia
mostrando riflessi di fuoco innocuo,
io credo che temere
sia effettivamente la peggiore delle condanne;
e un attimo prima della morte
forse non temeremo più,
forse in quel momento
l'ultima debolezza del corpo
placherà la nostra cieca tensione
e come una corda tirata per anni
(sfilacciata, ridotta a flebile sagola)
e poi lasciata andare,
ci adageremo sulle nostre vecchie ossa
senza provare più niente,
senza pensare più niente.
ma ora siamo qui,
catapultati dentro senza sapere il perché
e dentro noi proviamo paura:
quando il sogno si scompone,
quando il nostro sperma
incontra un ovulo straniero,
quando sulla nostra azione
aleggia l'ombra del fallimento;
e per la lontananza del sole,
per la rigidità del sentimento,
per lo sguardo di Dio,
che noi cerchiamo
e che noi fuggiamo.
tutto questo è dentro e inevitabile
e si dispiega in noi,
per anni, per vite intere.
e l'umana speranza è niente
davanti a questo sacro tempio interiore;
lì sta la vita,
dall'ultimo animale
alla più sofisticata delle creature,
lì si vede il fulcro della nostra vivace condanna.
è questa paura che ci spinge a sopravvivere
e noi lo vogliamo e ne conosciamo il prezzo.