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La morte sono le mie scarpe

la morte m'invade come un frammento di rovina
dentro la mia testa, nel silenzio del mio assolutismo,
e io considero le mie scarpe nemici assassini,
che mi hanno portato nella selva trascinandomi come una cosa vecchia,
che hanno lasciato che le unghie s'incarnissero nel loro misero spazio,
uccidendo la santa immobilità del non-nato, la sacra immobilità
che è del fiore e di Dio,
strisciando nella polvere di strade assolate,
diventando un prolungamento, una protesi, come il dolore.
la morte sono le mie scarpe,
è il volgare movimento che ci fotte col lavoro,
e l'albero è Dio, e gli uccelli sono stupide aberrazioni del sonno,
e io mi collasso in viaggi più grandi di me,
sono un morto che cammina nel frastuono di una discoteca,
questa vita è stupida come un'Alcatraz,
questa vita è un assolo di violino,
e io non credo ai soldi o alla popolarità,
io sono una cosa perversa, sono soltanto un errore.
la morte scivola su di me ed è veloce come un pensiero,
non capirò mai le ragioni degli uomini,
ora guardo le mie scarpe, dannata-violenta sensazione d'inutilità,
siamo fottuti, abbiamo un corpo, piangiamo,
docilmente scivolo in un sonno più dolce del bianco,
io vivacchio, non sono un uomo.

 

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1 commenti:

  • Gianni Spadavecchia il 14/12/2016 10:20
    Poesia molto profonda e a sfondo pessimistico.
    La morte ognuno probabilmente la interpreta in modi differenti.

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