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Per non dimenticare Peppino Di Matteo

Che sapore amaro quell'acido, Peppino,
entrava nella bocca, negli occhi,
distruggeva la tua carne e le tue ossa,
solo brandelli rimanevano di te.

Eppure tu non l'hai sentito quell'acido,
tu ormai eri già in volo verso quel cielo
che da tanto non vedevi, verso quel
sole che un tempo arrossava la tua pelle.

Sotterrato in un buco prima ancora di morire
chiamavi di notte la tua mamma perché
ti portasse una coperta per il freddo
o sedesse accanto a te e ti sorridesse.

E quella volta che bruciavi per la febbre
e sentivi la sua voce nel buio della stanza
e sognavi acqua da bere e una carezza
ma ti svegliasti e c'era solo un uomo con la barba.

E il tuo cavallo, chissà dov'era il tuo cavallo,
chissà se gli davan da mangiare,
se lo spazzolavano come facevi tu,
chissà se correva ancora o riposava.

I tuoi compagni forse giocavano ancora a pallone,
forse spiavano le bambine da dietro i muri,
forse correvano con le biciclette
e d'estate andavano al mare come facevi tu.

Adesso non piangere più mamma,
sono passati ormai tanti anni,
non ricordo più nemmeno il tuo viso,
ricordo solo che prima ero felice.

Altri bambini muoiono, sotto le bombe
o annegati in acque sconosciute
o di fame in miseri villaggi,
e la colpa è sempre di questa folle,
schifosa, ignobile umana avidità.

 

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1 recensioni:

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  • Antonio il 21/11/2017 10:52
    Struggenti ricordi sgorgati da un animo sensibile e genuino.

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