Svegliarmi in una mattina imbevuta di sole,
in un paese senza lancette tiranne sui troni
a frustare guizzi frizzanti di libertà.
Camminare leggeri su di un'erba vergine,
e rubare con occhi affamati perle inedite di universo
per farne dono a tavolozze stanche di ozio
ed a fogli color latte, bramosi di ragnatele fantasiose di parole.
Scandagliare impavidi i propri pozzi finora bui
per scoprire forzieri preziosi di Sé,
senza il bagliore effimero dell'oro,
ma con alluvioni di luce in cerca di altra luce.
Imbottire le dodici ore di un giorno usignolo
con attimi sempre pionieri,
ed avvolgere le dodici ore di una notte senza campanili
in un tulle trasparente di anime e di corpi,
profumato come petali di rosa
e folle come il sole che arde per uscire con la luna.
Una prima persona plurale bussa alla porta del mio cuore.
Ma che cos'era? Una favola?
Sì, e vi eravamo noi.