Mangio l'attesa
a colpi di chiodi.
Si arriccia il timore,
ma io non voglio
restare.
Un'imbronciata e imbevuta
eclisse,
a lungo invocata,
infiammia ora
i miei occhi
di lago:
umidi ma
ostinati.
E tu,
torre di avorio
che indossi cicatrici di sogni
e che profumi di casa,
mi vedi volgere lo sguardo
altrove.
O shpirt,
che tu possa un giorno
perdonare
la mia partenza.