Nelle ombre del mattino, nell'umidità che sale,
un uomo solo,
il profilo si confonde con i vapori che lo avvolgono,
il corpo pare svanire, pare dissolversi nell'aria immobile.
L'orecchio coglie soltanto
il monotono scorrere di acque che rotolano trascinando ciottoli,
nell'indolente viaggio verso gli spazi aperti.
Una spada di luce apre uno squarcio,
fulgida avanguardia del giorno che avanza vittorioso
a sbaragliare le brume della notte che ora muore.
Ecco,
i contorni dell'uomo ora si stagliano netti,
i colori hanno ripreso vita,
con prepotenza reclamano il posto che loro spetta,
dopo che la notte ha tinto di un nero cupo tutte le cose, uomini e bestie.
L'aria si scuote,
i suoni della Natura che si desta,
che si affranca dal torpore delle ore buie,
la fanno vibrare di una gioia profonda.
Anche l'acqua ora corre festosa,
candide creste di spuma, incorniciate dall'intrecciarsi di leggiadre danze,
di argentei guizzi,
unitamente a nuova linfa che precipita rombando da superbi monti,
infondono brio al suo corso, ed ora impetuosamente urla.
Ora l'uomo può distendere il braccio e far sibilare la canna,
mentre in paziente attesa aspetta un segnale,
un cerchio attorno al galleggiante,
un piccolo fremito, lo scoccare della lenza tesa,
può godere dello spettacolo del giorno che torna a farla da padrone.
Ormai il motivo che lo ha condotto su quelle rive è solo un piccolo dettaglio,
poiché quest'uomo ritto sulle nude rocce ha già trovato ciò che cercava:
un istante di pace da dividere solo con se stesso.