Nero vortice che mi risucchia.
Diafana sinfonia di opache sere.
Tu.
Erpice oscuro, scabroso sguardo al dolore.
Naufrago, ne emergo.
Seno supplice di depressa nutrice.
Uccisa, ti amo di più.
Ne emergo, ora,
più acuto veggente, se non felice.
La breve poesia di Isidhermes Siviglia ci mette in contatto con qualcosa di grande che ci riempie: una sorta di grazia che non si può definire: l’immagine di Madre. Una madre che tormenta al solo ricordo di quello che fu e che ci ha lasciato. Una madre conforme alla natura umana, con tutte le sue virtù e debolezze; una madre con tutta la sua gioia impazienza, spavento, dolore, contrarietà, rigore ma, principalmente, una mamma parte della creazione, “condizio sine qua non” della nostra esistenza. Quindi vibranti e vasti questi versi che, lasciano un po’ di angoscia, ma decisamente piacevoli.