Notte, materno grembo,
dove la convulsa vita
s'acquieta e dorme
e domina la pace ed il silenzio.
Dalla mia casa,
posta su in collina,
m'affaccio all'ora tarda
a rimirare la mia città,
il cui stanco respiro
quassù mi par di udire,
mentre la fioca luce dei lampioni
calda l'avvolge e ne protegge il sonno.
E sento il chiacchierio dei grilli
e i gufi chiamarsi dentro il bosco
e, respirando il buio,
l'essere mio di dolcezza s'empie,
di vera pace e gioia.
Poi altre luci lontane
mi soffermo a guardare,
nel cielo tempestato di brillanti,
che invisibile mano
sembra agitare,
per esaltarne tutto lo splendore.
Sovrana sta la luna ad aspettare
l'ultimo mio saluto
e quando, stanco,
cedo a Morfeo le membra,
di là dai vetri il suo sorriso appare.