Tre per due questo è il mio mondo.
Mura bianche sfregiate con incisioni erotiche,
cuori spezzati,
piccole linee verticali
a segnare un calendario senza tempo.
È un giorno di luglio,
uno come novembre
solo il caldo ed il freddo ne fanno la differenza.
Mi alzo dal ruvido cencio arrotolato sulla branda
per iniziare il mio giorno,
mi rado mentre occhi indiscreti di uomini soli scrutano
i miei movimenti, entrando con violenza in un’inesistente intimità,
come quando morbosamente si spia una donna mentre si spoglia.
Il minuscolo specchio riflette un’ insolente raggio di sole che passa
tra dodici perfette tessere di un mosaico che formano il cielo,
a volte azzurro terso, altre color cenere.
Frammenti di nuvole bianche raffigurano fiere spostate dal vento
Uccelli volteggiano in cerchio come sentinelle di ronda
pronte all’attacco di prede remote nel letto del fiume sottostante.
In lontananza schiamazzi di bimbi che giocano
forse a palla o a corrersi dietro
mentre urla di mercanti gridano la loro merce in un lunedì di mercato.
Tutto ciò mi è lontano,
non è nei miei pensieri,
non è nella mia mente,
non mi riguarda,
non è parte di me.
Cosa sarebbe un gabbiano senza le sue ali
cosa sarebbe una gazzella senza le sue zampe
cosa è un’ uomo privato della sua libertà.
Amputata bestia priva della sua essenza primaria
dove più nulla a senso se non vivere per continuare a morire ogni giorno.
In fila per uno, percorro il lungo, lucido corridoio che mi conduce al lavoro
un intrecciare di cesti, un lavorare la creta mi permettono di passare le ore
fino alla sera.
Così vivo il mio periodo di luce attendendo la notte
e durante la notte conto le ore
segnate dal tempo delle gocce d’acqua di un rubinetto che perde.
Colpi profondi, sordi, tonfi che rimbombano nella mia testa
fanno le gocce che cadano giù per il tubo, riempiendo ogni libero spazio del mio pensiero
solo all’alba le pesanti palpebre serrano per un breve riposo,
poi la campana come una scossa mi annuncia un altro giorno