Fasci di luce,
obliqui raggi solari color della cancrena,
stentatamente asciugano la pozza della gelida luce lunare.
Luna,
orbite vuote, chiostra di denti cariati ed infetti.
Fetore del giorno che già nasce decomposto,
brulicante di vermi grassi e voraci.
Questo per dire quanto sia duro aprire gli occhi e risvegliarsi vivo,
maledicendo Dio, o chi per Esso, per non aver pietà,
per non aver voluto prendere in silenzio,
nell'oblio misericordioso della notte,
questo schiavo di tutto ciò che ha un grado più dell'acqua.
Perché per altri il sole è fonte di calore, luce, vita?
Perché per altri la luna effonde argentei raggi alla luce dei quali
gli innamorati si scambiano promesse di amori imperituri?
Perché per altri il giorno si schiude gioioso, fecondo,
a suggellare il ritorno alla vita, dopo l'oblio del sonno?
Perché tutto ciò a me è negato?
Sterili interrogativi, inutili conati della mente,
io ho tutte le risposte,
ma al mio pensare deve seguire l'azione,
infrangere bottiglie, calici colmi,
ché tutto il marcio, che mi scorre nelle vene,
fluisca nelle maleodoranti cloache.
Per tanto, troppo, tempo
ho rinunciato alle quotidiane gioie di una Vita normale,
ma ora mi domando in nome di chi, o che cosa?
L'ora è matura perché io recida il cappio
che mi strangola e decompone in vita,
afferro con ambedue le mani la tagliente lama della Disperazione
e con fendente vigoroso recido i vincoli che fanno di me un servo.
Riaprire gli occhi ora mi aggrada, sorrido grato,
allo scintillar del sole che monta a violare la notte,
illuminando l'Oggi che nasce.
La luna, faccione rubicondo, si fa da parte tacita e schiva,
per tornar la sera ad illuminare, con fare complice e discreto,
gli amanti in cerca di intimità e pace.
Così il Ciclo si compie,
il Giorno torna a far posto alla Notte,
ma non è più la Notte Eterna,
ora io so che Domani anche per me sorgerà il sole.