Quando il sonno ci coglie
impreparati, eco bruciante di un giorno di lavoro,
è lì, in quella terra di promesse e
prosperità,
che i sogni e la visioni prendono piede e
germogliano
riflessi di Orfeo.
La musica,
nessuno sa da dove giunga quella musica rossastra,
la musica
corre spedita fino al cervello,
un urlo rimbomba muto
nel sepolcro corpo che quotidianamente
custodisce l’umana divinità,
un urlo e nulla più.
La musica,
nessuno sa dove è andata,
ma
chiunque sa che non tornerà.
Rimarrà marcata nel cuore,
un sorriso a metà,
colonna sonora di un sogno
che non ricordiamo,
di una primavera non ancora vissuta,
di un Natale passato
tra una bottiglia di vino e il flauto di Pan.
E quando, dai viali viola dei sogni
torniamo alla realtà della veglia,
ci troviamo spaesati,
assenti,
con l’anima turbata,
bisognosi di lavarsi via gli ultimi frammenti
di irrealtà.
Solo allora ci rendiamo conto
di stringere nella mano destra
qualcosa.
La collana di Euridice
brilla nelle nostre mani
la collana di perle che lei splendida
indossava
nel giorno più gioioso,
nel giorno più tetro.
Ogni perla è la malinconia di una stella
mai generata.
Per ogni perla versiamo una lacrima
che cadendo a terra
germoglia in un fiore, una poesia,
o un amore.