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non voglio darci un titolo
ti ho portato qui
dove i tramonti d'oro
mi lasciano con gli occhi scintillanti,
in modo che tu potessi vedere,
nuovi sogni.
qualcosa di me che le parole
non avrebbero potuto spiegare.
ma le tue mani
come incollate agli occhi,
non vogliono lasciartelo
nemmeno intravedere.
la tua mente, ottusa, s'ostina
nell' arenarsi in una battigia
che cupa ed opaca
narra solo di morte ed oblio
in venate scalfitture
che incidono graffiando
una visione del mondo
luminosa
che per quanto lacerata
sanguinerà una sfavillante
e limpida quiete.
se solo potessi incontrare
la bellezza che risiede
nel silenzio del cielo
e nella pienezza dei suoi colori,
guardarlo sarebbe come accorgersi
di non aver mai visto
nulla prima d'ora.
sarebbe come
respirare
per la prima volta.
rendersi conto
che in tutto quel liquido opaco,
prima di quell’ istante
stavi per soffocare.
ma non vedrai.
non respirerai.
continuerai naufragare,
sprofondando.
e tutto l'oro
che avrei voluto fare tuo
trasuderà dalla tua pelle
che ne sarà impermeabile,
non lo vedrai nemmeno
colare gocciolando
per poi schiantarsi al suolo
perchè le tue mani,
ancora immobili,
continuano a celare i tuoi occhi
adombrando
quel che di più bello
avresti potuto vedere.
e io non potrò
che stare inerte ad ammirare l'eclissi.
a te rimarrà
un offuscata desolazione.
ma gemerai,
per i radi schizzi d'oro
che rimbalzando
accarezzeranno
con violenza
la stessa pelle che
forse un giorno bramavo.
il riflesso dorato
di quelle lacrime,
che diffondendosi,
per un attimo ti faranno sorridere,
passerà.
e tutto
tornerà
esattamente
cupo
e morto
com'era
in principio.
a me parrà
dolce alba.
a te
l'esordio d'un germe
velenoso
e contagioso.
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