Forse è una ferita
che sanguina copiosa,
versa lacrime nere
sul viso pallido e smorto.
Sto morendo.
Una nenia che par leggere
i miei sogni,
bruciare come incenso
ai miei passi incerti,
stordire con le campane
in una notte senza luna.
Ed è tenebra
quel letto che m'accoglie.
Sola.
Incauta nell'inconscio.
Come un cadavere
che assorbe l'ultimo calore
prima di gelarsi.
E vago, fantasma,
sulle vette e sulle nubi.
ondeggio
nel rimirare futuri anteriori
nel grigiore dell'alba.
Vorrei intravedere il sole
e il tramonto
e la luna e l'aurora
nel mio lento decadere
in cui solo il Nulla
è compagnia.
Teschi bianchi
a sussurrare melodie nefaste
nella tomba dell'oblio
che m'aspetta ogni istante
e son vuote orbite
il cupo sguardo di chi mi rimira,
senza vedere null'altro
che la mia ombra,
senza indecisione: quella son io.
Per loro.
Solo per loro.
Vuota veste d'apparenza.
Sangue fermo nelle vene.
Labbra tiepide e silenti.
A indicare soltanto
una variopinta illusione.
Che abili prestigiatori
nelle loro vite,
già così perfette e rifinite
perchè disegnate d'altra mano.
La mia
è un foglio bianco.