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Nulla

È lo squilibrio del nulla
quel punto tremebondo
che vomita vita

e brucia il vecchio mondo
la viola appassita
il tenue contorno di ogni culla.

Il minuscolo giocondo
impregna i ricami

e sonnecchiando mi invita
all’amplesso profondo…
il muto vibrìo del nulla.

 

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7 commenti:

  • Sonia Di Mattei il 13/10/2008 20:28
    una bella poesia, dove l'uso delle rime è sapientemente distribuito. Non amo in particolare la poesia in rima, l'ho evidenziato ancora, anche se riconosco che non è facile l'uso di esse senza essere banali.
    Riguardo la metrica, poichè essa rappresenta l'ossatura, la colonna vertebrale di un testo, quella che mantiene il ritmo, la musicalità di ogni testo poetico, non va sottovalutata, come se fosse un elemento di disturbo, o di "ingabbiamento", essa corrisponde a criteri ben precisi, quali la lunghezza del verso, la sua alternanza.
    Ora, nemmeno io quando scrivo mi attengo a queste regole, non solo perchè non ne sono capace, non ho nemmeno esperienza in questo campo, mi limito a scrivere versi "sciolti", cercando di stare attenta nella scelta dei vocaboli, di cercare di allineare una fila di parole, che mi diano però la sensazione di musicalità, di un andamento, perchè non esiste testo poetico che non abbia un ritmo.

    Quando si scrive una poesia, non è importante di cosa si parla, ma di come se ne parla. A volte l'ispirazione può nascere da cose molto semplici, sta al poeta fare in modo che non siano banali.
    La poesia nasce da tutto ciò che ha una scintilla di rivelazione

    Da "L'attimo fuggente"
  • Solo Commenti il 09/10/2008 19:50
    Non mi soffermo sulla discussione fra l'autore ed i suoi commentatori, anche se la ritengo interessante. Sulla poesia ho un giudizio sostanzialmente negativo: è un piccolo amalgama di filosofia del Novecento, con qualche reminiscenza leopardiana. Probabilmente l'autore è rimasto impressionato da una lettura filosofica ed ha prodotto qualche verso ad effetto. La poesia è sostanzialmente artefatta. Forse il Saracino può proporci di meglio.
  • Nicola Saracino il 09/10/2008 19:17
    L’uso delle rime e degli schemi metrici, nelle lingue moderne, discende dalla metrica quantitativa delle lingue antiche, i cui versi erano fatti per essere accompagnati dalla musica.
    Ma andiamo più lontano nel tempo. La “somiglianza” fra parole, alle origini del linguaggio, non era affatto casuale perché suoni e significati erano strettamente legati, e la vicinanza di parole somiglianti dava luogo a combinazioni il cui significato poteva essere unico e irrepetibile.
    A quel tempo non si scriveva e tutto veniva affidato alla memoria, alla tradizione orale.
    Ecco, è poesia ciò che vuole essere ricordato. E la rima, la metrica, il ritmo e tutto quello che chiamiamo musicalità, servono a mantenere in vita la poesia.
    La poesia è primitiva, ancestrale. Quando parli, caro Giuseppe, di “opportunità”, dici il vero: infatti la poesia si distingue dalla prosa (non si ha notizia di testi in prosa affidati alla tradizione orale) proprio nello sfruttare tutte le “opportunità” disponibili, per mettere radici nella memoria collettiva.
    Grazie per avermi fatto riflettere.
    Nicola
  • Giuseppe ABBAMONTE il 09/10/2008 14:07
    Io, che scrivo solo poesie in rima, non posso che condividere le argomentazioni di Nicola. Aggiungo che le rime e la metrica, per me, non sono una costrizione, ma un'occasione. L'occasione di esprimere un'idea, un sentimento in un modo musicale, di renderlo più gradevole a chi voglia raccoglierlo. Non mi sento costretto da esse, ma invitato ad impiegarle ed a muovermici dentro, non come in una prigione, ma come in una forsta incantata. Che poi il risultato sia buono o non, dipende dalle capacità, nel mio caso certo modeste, di chi accetta l'invito a scrivere versi. Ovviamente questa è solo la mia opinione. Rispetto totalmente chi ne ha di differenti.
    La poesia, ma prima in cui vedo Nicola impiegare, da par suo, le rime, è come al solito di grande effetto. Mi è piaciuto particolarmente il "punto tremebondo che vomita la vita". Ci ho visto il buco nero, che tutto attrae ma in cui c'è tutto e tutto da lui puo' provenire. E poi, il muto vibrio del nulla, è un'espressione davvero immaginifica. E', condivido il giudizio di Giacomo, da brividi alla schiena.
  • Nicola Saracino il 09/09/2008 08:54
    Rime, assonanze, allitterazioni in uno schema libero non vengono ricercate, ma sono "portate dentro" con naturalezza dalla musicalità del componimento e dalla sua soluzione stilistica. In termini simbolici, non si tratta di foezare i cavalli selvaggi a correre insieme e magari al passo, ma di affiancarsi a loro quando lo fanno spontaneamente. Quanto allo specifico della rima "ondo", la vedo come una nenia che prepara l'arrivo del sonnecchiare del nulla... Grazie Giacomo per avermi dato questa possibilità di chiarimento, vestendo per qualche istante i panni del critico di me stesso.

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