Più che amarla, amavo l'idea di amarla,
parlavo con lei nei viaggi della fantasia.
Mi sedeva accanto, un fantasma leggero,
ripetevo nella mente la poesia del suo corpo.
Potevo dipingerla nuda a memoria,
ologramma di luce il suo volto.
Non c'era, ma vivevo con lei:
pregustavo il momento del ricongiungimento.
Pensavo al destino mio, con il suo,
intrecciati come edera e quercia,
e poi fusi insieme, imprescindibili.
Il leggero dolore della sua assenza,
era un sottile piacere per me.
Cibo anelato era lei,
coi sensi all'erta io l'attendevo.
E l'ho trovata una sera, parlandole a lungo
di me, la mia vita, la mancanza di lei.
Ho assediato il suo cuore, chiuso nella fortezza.
Ho intravisto una fiamma d'amore,
nei suoi occhi infelici.
Una breccia nel muro del suo rancore.
Ma è stato un attimo, un'onda.
Una notte è passata, e la breccia si è chiusa.
Una cinta di pietra intorno al suo cuore è rinata,
armata di punte: il crudele rancore.
Ha ingabbiato il suo cuore, rendendolo schiavo.
E non sa perdonare ne dimenticare.
La tetra fortezza lontana da me la terrà.
Baluardo eterno sarà, e lapide immonda,
sul nostro grande amore.