Adoro lo stupore
che fa della tua fronte un aprile assetato
e mi perde in tanto spazio.
Amo la rabbia
quando schiera i tuoi denti in bianchi noccioli di ciliegia,
ed il suo ventre
ampio e scuro
in un nodo di bocciolo ti richiude le mani.
Terribilmente amo la paura
che nei tuoi occhi rovescia,
portandola in larghe coppe d’argento
l’acqua d’infiniti mari,
e li agita di un verde palpitante
umido e colorato d’ansia dolce da bere.
Amo di te,
più che le bellezze
e le linee caute di un ampio consenso,
l’incertezza fine
stesa su ogni tua stortura
e le parole più tremanti.
Amo, nella mia vasta malinconia
e nel suo palato mai sazio,
la pallida luna dei tuoi polsi,
e delle caviglie,
e l’incavo trasparente della nuca;
il girare d’occhi che bianco passa.
Amo l’ansia,
l’angoscia,
il tremolo e lo spavento.
Amo il nodo e lo strappo,
il cadere secco ed il tuono.
Di te amo ogni peggiore forma,
ogni notte insonne,
uno ad uno i pianti.