Sull’aurora iperborea incombe una piccola
Nostra Signora degli Esuli
e tu fra i barconi sfuggi al ricordo del fuoco di Elèusi
perché nessuna memoria ti è concessa
fra quelle già precluse.
La scorsa fioritura ti ha dimenticata.
Dorme il tuo scettro, affondata l’icona del naviglio
inerte alla brezza
affondata ed inerte come botola
fra radici di un giardino abbandonato.
Treni singhiozzanti ed isterici di cicli umani
divergono al fascio incorrotto di luce e polvere cosmica
disteso dal tuo viso al Vero.
È il lungo sorriso dell’Epoca
il voto solenne del risveglio
varo di fronti nitide unite nel pensiero.
Rinascerà dal pietrisco sfregato
il Fuoco, fra le tue dita di nuovo dischiuse
la sterminata carezza.