Un metronomo
scandiva
il tempo
in un bicchiere
di Bordeaux
entrò
barcollando
a tastoni
con le sue mani
di cuore
maculati gli occhi
di tattile sangue
alzatosi in lancia
dal ferro ferito urlante in fusione
dalle paludi pestenziali
allo speziale sapienziale
dalle perle d’oro alle ostriche viventi
“Aver paura della paura
Perché l’amavo
Perché era lei
Perché ero io”
Si apre su
un porto di luna
dal vino divino
Dalla Garonna alla Gironda
si gira l’onda in giù
dal oceanico (a)mare alla sorgente natia
ubriacando di gioia fluviale
il giardino dei fiumi
deificati in terra
nell’ebbrezza
del mio lucente contradetto
cado dal tetto
maledetto benedetto paradiso