Guardo il tuo volto,
madre mia:
vedo la bimba che eri,
vedo la bimba che è in te.
Le belle chiome nere,
sciolte, o in lunghe trecce
raccolte,
non hanno nulla
di quel triste nero,
che appesantisce la persona,
ma sono leggeri,
accolgono la luce;
hanno caldi riflessi e,
in un connubio,
con il colore del cielo,
esprimono gioia.
Anche i tuoi occhi,
sono neri
e risaltano nel candido
incarnato;
sono limpidi,
profondi, innocenti:
dinnanzi ad essi mi soffermo:
ne colgo la spiritualità.
Tu mi sembri mamma,
uscita dal dipinto
di un grande pittore.
Ora io chiedo all'artista:
«Esimio Bouguereau,
hai mai dipinto una fanciulla italiana? »
Bimbe, angeli, amorini, bambini,
quanta bontà e purezza,
nel tuo cuore, mammina!
Ritorno alla tua immagine bambina:
seduta su un muretto
sei tu con la tua nonna
nella campagna bionda
di spighe e di ginestre.
E all'improvviso scorgi,
scorgi una pecorella:
l'attrai verso di te,
le fai cento carezze;
poi domandi alla nonna:
«Posso portarla a casa? »
Non so cosa risposto t'abbia,
l'anziana donna,
ma credo, pressapoco,
fossero le parole:
«Lo sai che non si può,
piccola bimba mia».
E di rimando tu:
«Non si può...? Perché? »
Mamma, Pinuccia mia,
tu sei meravigliosa
ed io sono orgogliosa
di portare il tuo nome,
di somigliarti un po'.