“Tu che scrivi”, mi chiedi,
“narra del tuo amore per me”.
Come a pittore confinato
in tetra stanza disadorna
che dovesse dipinger quadro
di rigogliosa natura ignaro.
Come a scultore nel deserto
ramingo tra rena morta e informe
che dovesse scolpire volto
di venerea bellezza dimentico.
Senza sgorbia e pennello
a lontana memoria m’affido.
Torno a quel tempo in cui
alle tue lunghe ciglia
alle turgide tue labbra
agli occhi di verde giada
giurai l’eterno amore.
Dov’eri quando me t’offrivo
recando al tuo petto bianco
rossi boccioli senza spine
e tiepide acque cristalline
a tergere fatiche al tuo sorriso?
“Tu che non scrivi”, ti chiedo,
“parlami dell’amore rifiutato”.