Odi per i meravigliosi fiori,
odi per i vezzeggiatissimi fanciulli,
odi per la cinciallegra, il passero, il cavallo,
e ancora poesie per i gatti, i cani.
E il maiale?
Che ne è di te, mio povero amico?
Mi sbilancio e scrivo di te,
mio gustoso amico,
grugnante e distratto del mondo
te ne stai in attesa della festa.
E noi te la facciamo la festa,
non proprio io a dire il vero,
che di soli vegetali mi nutro,
ma i miei simili gai e festosi
rallegrano al tuo sangue copioso.
Come dirti, fraterno amico,
che non godo di tutto ciò e ne soffro?
E se pur ti manca maestà,
nondimeno ti si riconosce simpatia
per quel corpo disarmonioso ed abbondante
ed il verso rauco e gutturale.
In tragica similitudine posso dirti
che tra i miei simili tu ricordi il povero,
che per bocca del ricco retorico e geminante,
è sempre poetico e soperchiato dall’ingiustizia.
Io ti celebro mio nobilissimo amico
ed alzo il calice alla tua tavola.
A tavola con te e col povero.
E tu non sei nel piatto.