-Lei ha il cancro,
le consiglio entro
domani di farsi ricoverare-
poche parole,
dette da un dottore,
mi gelarono il cuore.
Trentasei anni, allora avevo,
troppo pochi per morire.
Indossai una maschera
per non far capire
ai miei figli
il dolore e la paura
di non vederli crescere,
la paura di lasciali soli.
Furono giorni di pianto celato nei sorrisi,
di speranze cresciute fra i fiordalisi,
la notte nella bianca corsia,
la dama nera mi faceva compagnia,
in fondo morire
è come dormire, smettere di soffrire.
Ma perché arrendersi?
Mi balenò l’idea di reagire,
invece di parlare con la morte,
di lamentarmi dell ‘amara sorte,
scesi nella chiesina
e presi per mano il Signore,
Lui comprende dei suoi figli
il dolore.
M’inondò di forza e di coraggio,
e quel giorno odoroso di maggio,
dopo l’operazione dissero
che benigno, era il tumore,
nulla dovevo più temere.
Trentasei anni, troppo giovane per morire,
avevo mille sogni da sognare,
due figli da crescere ed amare,
e da quell’esperienza forza
ancor vo traendo,
la mia frase di battaglia:
IO NON MI ARRENDO!