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Normalità

Mi sono lavato le mani con l'acqua gelida e un bel po'
di sapone alla lavanda.
Me le sono asciugate col telo verde,
appeso dondolante alle pareti color crema.

Due gocce finite per terra, forse qualcuna di più,

poi mi sono guardato allo specchio,
analizzando il mio assurdo volto.

Nè bello nè brutto,
oserei dire non spaventoso ma neppure attraente.

Un viso normale, standard,
due occhi un naso una bocca le orecchie gli zigomi e via dicendo,
un'espressione cupa ma tutto sommato sopportabile.

Lineamenti normali,
come le parole che scrivo
in questo momento,
tornato dal bagno alla mia scrivania di legno vecchio.

Le mani fredde e pulite,
profumate,
corrono veloci,
instancabili.

Via via qualche pausa. Si lasciano guardare.

Mani normali, magre, unghie poco curate.

Continuo a scrivere,
circondato dalle solite quattro pareti
pregne di fumo e di odori,
e potrebbe essere l'ultima volta, lo so.

Allora aggredisco i tasti,
spremo la mente,
butto già parole su parole con folle avidità,
mentre le pareti svaniscono di colpo
e il mondo si apre intorno a me,
così come l'ho sempre immaginato.

Ed avviene l'inaspettato,
il normale diviene magnifico,
il reale si tramuta di colpo in fantastico.

Io e le mie parole, nè volti nè mani,
nessuna stanza, nessuna società,
nessun giudizio,

nessun canone.

È il momento che preferisco.


Poi, ad un tratto, mi fermo.

Le pareti tornano al loro posto.

Apro le finestre e la luce di un sole neonato inonda la stanza.

Sono le 6 e cinquattasette.

Buongiorno.

 

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