Come posso sperare ancora,
se l'unica ancora di salvezza
è affondata e si è inabissata
nei profondi oceani del cuore,
frastagliato e impunemente distrutto.
Come farò a svegliarmi
dal sonno eterno del dolore
che mi fiacca, e cresce piano nell'ombra
e non vede buchi di sole neanche
nel deserto dei miraggi.
Tutte in fila, in numero e catalogazione
precisa ed indubbiamente perfetta,
le serate trascorro in un turbine
di sentimenti spacciati,
sul orlo del precipizio della tentazione finale,
del finale respiro e della conclusione,
che stuzzica la mente ormai privata
della ragione.
Non servono i componimenti, le parole
dure e taglienti,
le musiche inebrianti e i discorsi
riconcilianti, no,
non servono a nulla, solo a spezzare
la vile speranza che aleggia
e lentamente sprofonda.
Cade come un sasso dal più
alto palazzo, ed i muri diventano
i muri del pianto, lenti
e inconsistenti come le prerogative
dei perdenti,
affini ai miei sbagli
ai precedenti che ora mi
riempono di traffico l'animo,
di soli incidenti.